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Bari, il pronto soccorso è una polveriera: “Lavoriamo con paura”

Pubblicato da: Rosanna Volpe | Ven, 24 Marzo 2023 - 19:03

Gente che borbotta, altra che urla. Altra ancora che insulta e minaccia (quando non arriva alle mani). La giornata di medici e di infermieri al Pronto soccorso del Policlinico di Bari (e non solo), è difficile. Lo racconta la cronaca sui giornali. Lo racconta la tensione che si respira nei corridoi e la paura che oggi si mischia alla stanchezza. C’è una realtà su tutte: la carenza di personale medico e paramedico. Sono cinque le unità che lavorano in altrettante stanze (di colore diverso a seconda del grado di urgenza), ma di notte si rischia di essere anche meno. Senza considerare che i medici, così come tutti gli esseri umani possono ammalarsi e possono “persino” andare in ferie. In questi casi, coprire i turni diventa un massacro.

“Il problema – spiega Daniela Lomazzo, internista al Pronto soccorso del Policlinico – è che il nostro Ps sostiene un iper afflusso di accessi. Da noi arrivano le urgenze, ma anche tante altre situazioni mediche che potrebbero essere risolte negli ambulatori, dai medici di base per esempio. I pazienti spesso mal sopportando le lunghe attese di quei canali, arrivano da noi e pretendono risposte immediate. Poi – prosegue – esistono persone che usano la violenza anche solo perché non li hai fatti passare avanti con un codice bianco”.

Insomma, a detta della dottoressa, il sovraccarico al Pronto soccorso dipende anche da profonde lacune di una macchina, quella della sanità, che spesso si inceppa sulla medicina territoriale. “La situazione di sottorganico con la quale conviviamo da tempo – precisa – non dipende da una cattiva volontà da parte della direzione sanitaria ma da un dato di fatto: i giovani medici si rifiutano di lavorare in pronto soccorso. Realtà questa riscontrata non solo nella nostra regione ma in tutta Italia. Il mio lavoro – spiega ancora – è una vera missione e in tanti non se la sentono”. E a chi crede che il problema dei pronto soccorso sia una questione tutto meridionale si sbaglia e di grosso. “Ho lavorato per quasi tre anni in un pronto soccorso in Emilia Romagna. Non ho mai assistito a scene di violenza ma anche da quelle parti la gente alza la voce. E tanto. Noi oggi – prosegue – lavoriamo con paura perché sappiamo bene che la tensione è alta e sfocia in violenza. Una situazione inaccettabile – sottolinea – perché siamo qui per cercare di aiutare chi ha bisogno e cerchiamo di farlo nel modo migliore. Ecco perché leggere o assistere a episodi di violenza nei confronti dei miei colleghi, fa male”.

E così nei corridoi dove la morte rincorre la vita, a volte si vince, altre si perde con il dolore nel cuore: “Non mi abituerò mai a vedere morire i giovanissimi. Ma allo stesso tempo quando un cuore ricomincia a battere, quando vinci la morte, riesci a superare tutto. Anche – conclude – la stanchezza”.

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