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A Bari un commerciante su tre paga il pizzo. Dalle buste di plastica al cemento scadente, ecco le forme estorsive dei clan

Pubblicato da: Vincenzo Damiani | Mer, 22 Marzo 2023 - 12:01
Racket

Un’impresa pugliese su due (il 45% per la precisione) ha avuto, suo malgrado, a che fare con la criminalità, mentre a Bari e provincia il 67% ha accettato di pagare il pizzo. Per capire quanto sia ancora diffuso il racket basta dare un’occhiata ad una indagine affidata dalla stessa Confcommercio ad Eurisko sui fenomeni mafiosi e il livello di sicurezza percepito dagli imprenditori.rnrnDal Libertà a Japigia, da Poggiofranco a San Girolamo fino al Murattiano sono innumerevoli le attività commerciali sotto pressione. Le forme estorsive sono diverse: dal “classico” pagamento di una quota fissa per “stare tranquillo” (somma che può oscillare dai 500 ai 2.000 euro al mese a seconda dell’attività e del presunto volume di affari) all’imposizione dell’acquisto di materiale (le buste di plastica per i negozianti, il cemento per gli imprenditori edili, i guardiani notturni per i locali della movida), sino a forme più invasive, cioè l’innesto di capitali sporchi nell’azienda sana finita nelle grinfie dei clan.rnrnLe buste di plasticarnrnUna recente indagine della squadra mobile di Bari che lo scorso luglio ha portato all’arresto di alcuni affiliati al clan Diomede ha fatto emergere una particolare forma di estorsione: in sostanza, i negozianti e titolari di bancarelle nel mercato di Santa Scolastica, a Carrassi, venivano obbligati a comprare le buste di plastica per la spesa dalla cosca. Il costo di 10 chili buste era di 10 euro, a fronte dei 7 euro di altri fornitori, ma chi si opponeva veniva minacciato e rischiava ritorsioni. Circa 230 commercianti erano sottoposti a questa forma di estorsione, eppure nessuno ha avuto il coraggio di denunciare.rnrnIl cemento di scarsa qualitàrnrnIn due inchieste diverse della Dda, una svolta dai carabinieri l’altra dalla polizia, è emerso un altro modus operandi inquietante da parte dei clan mafiosi. La cosca dei Di Cosola, ad esempio, imponeva agli imprenditori edili di acquistare il cemento da una società loro “amica”. Secondo quanto ricostruito dai militari, non solo il prezzo imposto era superiore a quello di mercato, ma il cemento era persino di scarsa qualità.rnrnLe infiltrazioni nell’economia sanarnrnE poi c’è una modalità più “invasiva” usata dalla criminalità organizzata per imporre la propria forza su commercianti e imprenditori baresi: quella di controllare in maniera indiretta la società o l’impresa finita nelle grinfie dei clan. A raccontare l’infiltrazione mafiosa nel tessuto economico sano del capoluogo pugliese sono gli atti dell’indagine della squadra mobile sulla cosca di Japigia comandata dal boss Savino Parisi: gli affiliati, dopo aver tartassato gli imprenditori, hanno preso in mano la gestione di alcune aziende, usando quindi le imprese sino a quel punto sane per i loro affari sporchi.

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