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Crisis in six scenes, un Woody Allen minore alle prese con la sua (unica) serie tv

Pubblicato da: Francesca Romana Torre | Mer, 22 Marzo 2023 - 11:33
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L’onnipresente Woody Allen esordisce nel mondo delle serie tv con Crisis in Six Scenes, prodotto da Amazon tv, un racconto diviso, appunto, in sei puntate, ambientato in una casa altoborghese nella New York degli anni sessanta. Tra Black Panthers, hippie e lo spettro del comunismo, Allen ritorna a interpretare una delle tante versioni di sé stesso nel personaggio dello scrittore Sidney J. Musinger – che tanto richiama una versione minore di J. D. Salinger, più volte citato nel corso delle puntate. Insieme alla moglie, la psicoterapeuta Kay – un’impeccabile Elaine May – Musinger si ritrova per casa la fuggiasca Lennie Dale (Miley Cyrus, che per l’occasione è incredibilmente vestita), una giovane contestatrice ricercata dalla polizia. La breve serie gioca proprio sui battibecchi tra i personaggi, soprattutto tra le due star, Allen e Cyrus, che rappresentano, nel racconto come nella realtà, i due antipodi dello showbusiness – riservato e reazionario uno, trasgressiva e eccessiva l’altra.

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Crisis In Six Scenes

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L’idea, l’ambientazione e alcuni espedienti comici rendono la serie piuttosto godibile, per quanto risulti subito piuttosto evidente il disagio del regista nel confronto con la narrazione seriale. I dialoghi brillanti e rapidi che hanno costituito la cifra del successo della filmografia di Allen – non ultimo Café Society in questi giorni nelle sale – si dilungano qua in fiumi verbosi, che disperdono il coinvolgimento dello spettatore nelle gag, forse per il panico del regista di non sapere come riempire sei puntate da trenta minuti. Altra nota dolente, la coprotagonista Miley Cyrus: pur riconoscendo che il suo personaggio sarebbe stato difficile da interpretare per chiunque, la starlette si dedica con così poca grazia a questa impresa da disturbare la visione di ogni scena in cui compare. Lennie è arrogante, prolissa, scontrosa e sciorina concetti marxisti da aforismario senza alcuna credibilità: la sensazione è che né l’attrice né il personaggio abbiano idea di quanto stiano dicendo. Più spontanea e brillante, Rachel Brosnahan che interpreta Ellie, la fidanzata di Alan (John Magaro) figlioccio della coppia Allen/May. Per quanto le sia stato dato meno spazio, l’attrice – già bravissima nel ruolo di Rachel in House of Cards – riesce a dare il giusto spessore alle sue poche battute: cristallina, cinguettante, romantica e ingenuamente legata ai privilegi della sua classe, la Brosnahan dà una lezione alla ben più famosa Cyrus su come si confeziona un personaggio credibile anche nei toni assurdi di una commedia.

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Crisis In Six Scenes

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Nonostante la performance della Cyrus, Crisis in six scenes non è il totale disastro che i commenti di Woody Allen lascerebbero intendere. Il suo stile e la sua ironia, per quanto sofferenti nei tempi dilatati della serie, resistono in alcuni sketch: su tutti, il club del libro di Kay e le sue accese discussioni sul Libro Rosso di Mao Tse Tung o sulla biografia di Karl Marx. Le dolci quanto svampite amiche di Kay regalano delle perle di comicità memorabili e sono capaci di un’ironia delicata e intelligente prende in giro con garbo i capisaldi culturali della primavera sessantottina.

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Dolce e amara, invece, l’autoironia di Allen, motivo ricorrente della figura di Sidney in crisi artistica proprio perché dedito a una sceneggiatura per la tv. Tanto nella fiction quanto nella realtà, Allen fa del sarcasmo sul suo essere intellettuale in un mondo che cambia, in cui i mezzi a lui congeniali – tanto il romanzo per Musinger quanto il lungometraggio per Allen – sembrano essere superati da altri media comunicativi. Allen borbotta in difesa del suo linguaggio e esce dal confronto con la contemporaneità piuttosto malconcio, dichiarando “Finché sarò vivo spero di non dover più fare serie televisive. È stato molto difficile ma ora è finito”. Tuttavia, le motivazioni per non pentirsi del tempo dedicato a Crisi in six scenes ci sono: basta smettere di cercare la replica dei capolavori del periodo d’oro di Allen e approcciarsi a questo esperimento con lo stesso spirito di ogni altra serie tv e si riusciranno ad apprezzare i punti di forza, pochi ma solidi.

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