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Dall’adescamento nei villaggi nigeriani alla schiavitù a Bari: così nasce il business della prostituzione che vale 4 miliardi

Pubblicato da: Vincenzo Damiani | Mer, 22 Marzo 2023 - 11:50
Blitz Antiprostituzione

Arrivano in Italia, a Bari, con un “debito” di 30-40mila euro da restituire. Un debito non scritto, fittizio, e che anziché ridursi crescerà con il passare dei giorni e delle settimane, sino a non estinguersi mai. O meglio, sino a quando l’organizzazione criminale transnazionale, che ha adescato e trasportato dai villaggi della Nigeria le giovanissime ragazze da sfruttare e obbligare a prostituirsi, non avrà deciso che la donna non è più utile a produrre soldi.rnrnLe baby lucciole nigeriane ridotte in schiavitùrnrnE’ questo il destino delle baby lucciole nigeriane, portate con l’inganno in Puglia e trasformate in merce da vendere sul lungomare sud di Bari, tra Parco Perotti e San Giorgio, oppure nella zona di Santa Fara o ancora tra lo stadio San Nicola e Carbonara, nelle strade più buie del rione San Paolo e sulle statali. Sono sempre più giovani le ragazze che finiscono nelle grinfie delle maman e dei clan nigeriani presenti anche nel capoluogo pugliese: spesso dicono di avere 18 anni, in realtà non superano i 14 secondo gli investigatori che indagano sul traffico di essere umani. Recenti inchieste della Dda e della squadra mobile di Bari hanno ricostruito il percorso che fanno le donne ridotte in schiavitù: la base del gruppo malavitoso è in Nigeria, ma ci sono collegamenti anche in Niger e Libia. E’ qui che le ragazze vengono “adescate”, nei villaggi: viene loro offerta la possibilità di trasferirsi e trovare un lavoro vero in Italia, dietro pagamento di un ipotetico debito.rnrnIl rito voodoo con lo stregone e le mamanrnrnPrima di intraprendere il lungo e pericoloso viaggio per l’Italia, vengono sottoposte ad un rito voodoo da un “Baba” (uno stregone), con il quale si impegnano spiritualmente alla restituzione dei soldi. Solo una volta in Italia, contattata la “maman”, scoprono che per ripagare il debito devono prostituirsi. A Bari a gestire il tutto ci sono altri uomini nigeriani, sempre in contatto con i gruppi presenti in Africa. Dietro la prostituzione delle donne provenienti spesso da Benin City si nascondono proprio i nigeriani, che grazie ai proventi di questa attività riescono a mettere su, con discrezione, senza calpestare i piedi alle cosche locali, anche un buon giro di droga. I trafficanti approfittano dell’esodo dei profughi, usando gli scafisti per portare qui la loro merce: le donne. Dopo lo sbarco, si insinuano nelle pieghe dell’emergenza per ottenere permessi temporanei e forzarle al marciapiede.rnrnIl racconto di Abeke, l’adolescente trasformata in una baby prostitutarnrn“Prima di partire siamo state istruite su come comportarci con la polizia”, ha raccontato una ragazza salvata da un suo cliente che si era innamorata di lei. Spesso le giovani donne vivono in schiavitù, ogni notte devono raccogliere una cifra minima, che può oscillare dai 1.000 ai 2.000 euro.  Abeke è una delle tante, nel 2015 partì dal suo villaggio con il sogno dell’Europa e di una vita lontana dalla fame e dalla guerra tra etnie. Invece, dopo aver attraversato il deserto, essere salita su un barcone a Tripoli e aver attraversato per tre mesi il mare è arrivata a Lampedusa. Di lì, dopo un periodo nel centro di accoglienza, è stata messa su un treno per arrivare a Bari, dove alcuni suoi connazionali l’attendevano. Per mesi ha vissuto in una casa del rione Libertà assieme ad altre dieci connazionali, l’appartamento aveva un solo letto e lei dormiva a terra in cucina.rnrnI documenti dell’Antimafia barese: l’arrivo con i barconirnrnC’è anche un’altra storia raccontata nella carte dell’Antimafia di Bari (Dda), quella di un’altra poco più che adolescente strappata ai suoi genitori con l’inganno. L’inchiesta è stata avviata grazie alla “denuncia di una ragazza nigeriana, all’epoca dei fatti minorenne, la quale, con un’altra connazionale, era stata reclutata, nel proprio Paese, con la promessa di raggiungere l’Italia per lavoro, dietro il corrispettivo della somma di 30.000 euro. La denunciante – scrivono gli inquirenti nei documenti di un’indagine del 2015 – dopo un viaggio durato circa tre mesi, una volta giunta a Taranto, dopo essersi allontanata dal Centro di prima accoglienza, ha contattato la “maman” di riferimento, ricevendo le indicazioni per raggiungere Bari, dove, dopo pochi giorni, è stata costretta a prostituirsi lungo le arterie provinciali del sud-est barese”.rnrnIl giro d’affari: la criminalità in Italia guadagna sino a 4 miliardi all’annornrnLa storia di Abeke è la storia di centinaia e centinaia di ragazzine. Giovanissime, spesse minorenni, che secondo una stima fatta dall’Osservatorio Transcrime fruttano, solo in Italia, alle organizzazioni criminali dai 600 milioni a 4 miliardi di euro all’anno

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