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Grana Padano denuncia Beautiful, le nuove modalità pubblicitarie nell’era 2.0

Pubblicato da: dott.ssa Federica Dileone | Mer, 22 Marzo 2023 - 09:28

“Oh no! Ho comprato il Grana Padano al posto del Parmigiano Reggiano!”.rnrnPuò questa frase far esplodere una causa legale? Sì, soprattutto se a pronunciarla è un programma televisivo. Il 28 aprile gli affezionati della soap opera Beautiful hanno assistito a questa scena: Charile Webber sta preparando la cena in cucina. Ad un certo punto si accorge di aver acquistato erroneamente Grana Padano al posto del Parmigiano Reggiano e, con aria di disgusto, esclama la frase di cui sopra, esce e torna vittorioso dopo aver recuperato il tanto amato Parmigiano Reggiano.rnrnAccanto alla probabile passività degli spettatori nell’assistere a questa scena si è scatenata l’ira del Consorzio del Grana Padano che ha deciso di far causa ai produttori della soap opera. Potrebbe sembrare un’esagerazione, una banalità, infondo era solo uno sketch che mirava a strappare qualche sorriso.rnrnPer riuscire a capire il perché di tanta rabbia basti pensare che nel 1957 un pubblicitario di nome Vicary riuscì ad aumentare il consumo di Popcorn e Coca-Cola agli spettatori di un cinema in New Jersey. Per ottenere questo risultato fece scorrere sullo schermo, durante la proiezione del film, le seguenti frasi : “mangia popcorn” e “bevi coca-cola” per un terzo di millisecondo. In questo modo, nell’arco di tempo di sei settimane, ci fu un incremento della vendita di coca cola del 18% e di popcorn del 58%! I messaggi subliminali, pur non raggiungendo la consapevolezza, subiscono una elaborazione delle informazioni, che potrebbe influenzare i comportamenti o gli atteggiamenti.rnrnNel caso di Beautiful non si tratta di messaggi subliminali, ma il risultato è lo stesso in quanto c’è una esposizione a delle informazioni (condivisibili o meno) pronunciate da dei personaggi che stanno a cuore ai telespettatori e che quindi potrebbero influenzare inconsciamente la percezione del prodotto.rnrnUn altro esempio potrebbero essere i social networks. Siamo bombardati di messaggi pubblicitari: in tv, in radio, per strada tramite i cartelloni pubblicitari. In realtà siamo pieni di pubblicità anche quando apriamo Instagram, con una potenza addirittura superiore alle tradizionali forme pubblicitarie. Scorrendo la bacheca, se si seguono personaggi famosi o almeno un po’ conosciuti, vediamo spesso foto apparentemente banali di gente che cammina, indossando vari abiti, borse, cappelli, orologi, o di gente che si fotografa mentre utilizza specifici prodotti di bellezza, o prodotti alimentari, insomma qualsiasi cosa sia acquistabile. Poi, sotto la foto, ben visibili sono i nomi di tutti questi prodotti, preceduti dal famoso hashtag. In questo modo in maniera inconsapevole leggiamo ripetutamente nomi di marchi che, anche se inizialmente sconosciuti, iniziano ad esserci familiari, al punto che poi li riconosciamo all’interno dei negozi e veniamo anche attratti da questi, oppure iniziano a piacerci tanto da portarci a cercarli appositamente online. Se dovete acquistare una stecca di cioccolato fondente e di fronte a voi c’è una stacca con un marchio a voi conosciuto e un’altra stecca con un marchio sconosciuto quale scegliete? La maggior parte della gente “andrà sul sicuro” acquistando un prodotto già noto, conosciuto. Bene, leggere involontariamente il nome di un prodotto lo renderà familiare e quindi “sicuro”.rnrnÈ come se fosse un modo esplicitamente subliminale di fare pubblicità, che ha aperto le porte ad un business tutto nuovo e tutto social, con specifiche figure, dette “influencer marketing”, identificate in base all’influenza che potrebbero avere sui potenziali acquirenti (per esempio perché sono personaggi molto amati) e che vengono pagati dalle aziende per postare proprie foto con determinati prodotti, proprio per influenzare la scelta della gente nell’acquistarli, un consumo libero ma di certo condizionato!

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