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I nati negli anni ’80 e ’90, la generazione degli ansiosi e degli stressati

Pubblicato da: dott.ssa Federica Dileone | Mer, 22 Marzo 2023 - 09:36

I nati negli ultimi venti o trent’anni si sono trovati avvolti da una condizione poco favorevole, una condizione che difficilmente lascia spazio ai sogni, ma che travolge con le paure. Ho provato a chiedere a piccolo gruppo di giovanissimi cosa volessero fare da grandi. Nessuno mi ha risposto immediatamente: molti mi hanno detto “boh”, altri mi hanno dato risposte vaghe, hanno risposto ”qualsiasi cosa”, alcuni mi hanno detto “lo youtuber” o il “blogger”. Allora ho pensato al significato di queste risposte.rnrnFondamentalmente ci troviamo di fronte a questa situazione: i giovani odierni sono nati in uno sfondo che da una parte è contaminato dalla paura del futuro data la mancanza di certezze, e dall’altra dalla presenza di un mondo nuovo, quello virtuale, in continua evoluzione, che rende possibile a tutti il successo, ma a volte illude sul suo facile raggiungimento. Basse aspettative e rassegnazione da una parte, massimo successo di alcune persone dall’altra.rnrnIn un mondo economicamente incerto è probabile subire la naturale preoccupazione dei genitori, che sin dalla prima infanzia iniziano ad insistere molto sulla formazione scolastica dei loro figli, indirizzandoli verso quella che secondo loro può essere la strada che può portare il figlio ad un futuro migliore (un futuro con una stabilità economica). Viene detto che ormai la laurea è fondamentale per lavorare, ma poi in realtà anche con questa niente è sicuro. Resta poco spazio al “cosa vorresti diventare” e tutto viene coperto dal “cosa dovresti diventare”. Forse è questo uno dei motivi del “boh”. Non c’è più il sogno di acquisire le competenze per svolgere un determinato lavoro, ma c’è la paura di non prendere la strada giusta, c’è la paura di non farcela. Tutto ciò toglie anche la riflessione su sé stessi, sulle proprie attitudini, sui propri desideri, perché in un certo senso “non ci si può permettere di fare il lavoro che piace, in quanto è già tanto che si faccia un qualsiasi lavoro”.  Come ci si può impegnare e sforzare di raggiungere obiettivi sbiaditi, poco definiti e poco voluti? Sarebbe come iniziare a cucinare senza sapere cosa si deve cucinare: si prendono ingredienti a caso, li si mette insieme, e il risultato può essere un inaspettato e fortunato successo oppure un cibo immangiabile. Oppure si possono avere chiari gli obiettivi, lottare per raggiungerli, ma trovarsi di fronte all’alta probabilità di fallire che può uccidere la voglia di provarci.rnrnUna recente indagine condotta dall’ American Psychological Association e Harris Interactive ha dimostrato che effettivamente la generazione del nuovo millennio è caratterizzata da disturbi d’ansia e stress. La fonte di stress certa è la mancanza di risorse economiche. Infatti oltre il 40% di loro ammette di preoccuparsi continuamente dei soldi.  Tra coloro che hanno risposto, il 22% si preoccupa di avere abbastanza soldi per l’intera settimana, mentre il 30% di averne abbastanza per arrivare a fine mese. Il fattore che causa ansia e stress è quindi un fattore esterno, indipendente dalle caratteristiche personali, un fattore che non si può controllare o cambiare, non nell’immediatezza, non da soli. Viziati? Pensano solo ai soldi? Non direi, non tutti. Bisogna pensare, per esempio, che questi ragazzi sono figli di genitori nati negli anni del “miracolo economico italiano”, un periodo storico di forte crescita e sviluppo. I primi anni della loro vita coincidono con gli ultimi anni del boom economico, poi c’è stato il rapido cambiamento.rnrnChe la nuova generazione sia caratterizzata da disturbi d’ansia non è una cosa da poco. Al di là di tutto ciò che è l’ironia sulla sopravvalutazione dell’ansia, essa può intralciare la vita in tutti i suoi aspetti: peggior rendimento lavorativo, scadente prestazione accademica (quando eccessiva), con una ricaduta anche sulle relazioni interpersonali.rnrnUn aspetto da non sottovalutare è anche la concezione del lavoro che è cambiata. Prima il lavoro era visto più come un posto dove andare, quasi indipendente dalla propria vita. Adesso è visto anche come parte della vita, contributo essenziale per la soddisfazione personale. La voglia e il bisogno di soddisfazione possono spingere nel cercare di raggiungere gli obiettivi, ma la strada piena di ostacoli e difficoltà allontanano il raggiungimento e accrescono la frustrazione. Si potrebbe pensare che i giovani vogliono tutto e subito, che non sanno adattarsi e lottare, che sono pigri. Ma basti pensare all’evoluzione nel mondo del lavoro, a tutti i “nuovi lavori” che sono nati e che si stanno sviluppando. L’etichetta lavorativa “maestra”, “avvocato”, “ingegnere” è sempre più lontana e sono proprio loro a creare una nuova forza lavoro. Staccarsi da una visione così forte e radicata richiede una grande capacità di adattamento e molti ragazzi stanno dimostrando di avercela.

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