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Perché vogliamo tutti che l’Italia vinca

Pubblicato da: dott.ssa Federica Dileone | Mer, 22 Marzo 2023 - 09:35

Gruppi d’ascolto tradizionali affinché portino fortuna, riunioni di comitive, mogli e mariti in stanze diverse, completo isolamento: accanto alla formazione decisa da Conte per la nostra Italia ognuno ha una propria formazione personale per guardarla, che può cambiare o mantenersi identica per ogni partita.rnrnAnche chi non è ancora riuscito a capire cosa sia un fuorigioco, anche chi non vede una palla da calcio per l’intero anno, con l’arrivo di europei o mondiali è abbracciato da un (anche minimo) interesse per la partita. Perché tutti gli italiani vogliono che vinca l’Italia, la propria squadra?rnrnDobbiamo pensare che l’uomo è di fatto un essere sociale: se alla nascita fossimo lasciati completamente da soli non avremmo la minima possibilità di sopravvivere. Per vivere e crescere il neonato ha bisogno di una figura che lo accudisca. Abbiamo una naturale predisposizione all’altro, al gruppo. Pensiamo anche agli uomini primitivi: dovevano combattere per il cibo, per il territorio e le possibilità di vincere in gruppo erano nettamente superiori rispetto ad un combattimento solitario.rnrnFondamentalmente tifiamo per una squadra nella quale ci identifichiamo fortemente perché tendiamo sempre ad identificarci nei vari gruppi ai quali apparteniamo nella nostra vita.rnrnProvate a ricercare 5 parole per descrivere chi siete.rnrnProbabilmente le risposte potranno essere: sono uno studente, sono una mamma, sono un nonno, sono un insegnante, sono un figlio, e così via. Come vedete tendiamo a definire noi stessi in base al nostro gruppo. Il concetto di sé dipende non solo da quella che è l’identità personale, ossia dalle caratteristiche individuali (es. sono timido), ma anche dall’identità sociale, data dall’appartenenza ad uno o più gruppi e da ciò che suscita questa appartenenza. Appartenere ad un gruppo è quindi anche importante per capire chi siamo. Ci fa sentire protetti, ci dà sostegno, rafforza l’orgoglio. A volte, come può succedere nell’appartenenza ad una gag, può sviluppare anche un senso di forza e potenza.rnrnBasta poco per sentirci parte di un gruppo: essere nati nello stesso giorno di un’altra persona può portarci a simpatizzare per lei, oppure far parte di uno stesso quartiere, della stessa scuola. Tutto questo fa sì che si sia una forza di gruppo, la tendenza all’in-group. Lo vediamo per esempio in tutti i bambini: se sono maschi tiferanno per i maschi, se sono femmine tiferanno per le femmine. Basta poco per creare favoritismi! Non è necessario avere caratteristiche comuni: in alcuni esperimenti è stato visto che quando i partecipanti venivano divisi casualmente in due gruppi, in maniera del tutto arbitraria, c’era una predisposizione a favorire il proprio gruppo e sfavorire l’altro.rnrnL’identità di gruppo è infatti direttamente correlata al conflitto tra gruppi: essere parte di un gruppo ci porterà a sfavorire un altro gruppo, soprattutto se ha caratteristiche simili al nostro. I tifosi infatti provano gioia non solo quando la propria squadra vince, ma anche quando la squadra rivale perde. È in pratica quello che succede per esempio ai tifosi della Roma quando la Lazio perde, indipendentemente se contro di loro! Allo stesso modo succede tra piccole città tra loro vicine: ognuno penserà di essere superiore all’altra, ognuna proverà gelosia per l’altra!rnrnRiserviamo tutto l’amore alla nostra squadra e tutto l’odio alla squadra più simile! La soddisfazione e la dignità non è data solo da prestazioni individuali e personali: quanta gioia potremmo avere per ogni vittoria della nostra squadra quando, identificandoci nel nostro gruppo, potremmo dire con orgoglio “Abbiamo vinto!”?

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