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L’Università di Bari guida la svolta green delle filiere: ecco il progetto che cambia latte e carne

“Il progetto One Health – One Welfare – One World genera innovazione reale”

Pubblicato da: redazione | Ven, 12 Dicembre 2025 - 15:52
One Health – One Welfare – One World

Un percorso durato due anni e mezzo che ha messo insieme scienza, imprese e allevatori, e che ora si traduce in risultati destinati a incidere sul futuro delle filiere del latte e della carne. Il progetto One Health – One Welfare – One World, che ha coinvolto tre università e nove realtà agro-industriali, ha mostrato come un approccio realmente integrato possa innovare processi produttivi, migliorare il benessere animale e generare alimenti più sicuri e più sostenibili. Un traguardo che oggi viene raccontato ad Alberobello, nell’azienda Matarrese, durante un incontro che ha riunito ricercatori, tecnici e imprenditori.

L’Università di Bari ha guidato il lavoro attraverso i dipartimenti di Medicina Veterinaria, DiSSPA, Farmacia, Chimica e Medicina Interna, insieme all’Università di Teramo e all’Università del Molise. A contribuire alla sperimentazione c’erano aziende che rappresentano alcuni dei segmenti più avanzati dell’agroindustria del Mezzogiorno, come CentroCarni, Plantamura, Irplast, Inalca, Cartonpack, Dalton, Sandemetrio, Matarrese e Gioiella. Una rete ampia che ha permesso di testare tecnologie, protocolli alimentari e nuovi prodotti in condizioni reali.

Tra le innovazioni più significative c’è l’introduzione di foraggi idroponici a base di orzo e piselli, capaci di ridurre l’impatto degli allevamenti e migliorare il profilo nutrizionale dei prodotti. Accanto a questo, un mix di oli essenziali estratti da alloro, rosmarino e carciofo ha dimostrato di avere effetti benefici sia sulla digestione degli animali sia sulla qualità delle carni e del latte. Il progetto ha portato anche allo sviluppo di microcapsule rumino-protette, una tecnologia che consente agli estratti naturali di superare indenni il rumine e di essere rilasciati solo nell’intestino, massimizzando così il loro effetto antimicrobico e antinfiammatorio.

In parallelo, i ricercatori hanno lavorato su soluzioni per la trasformazione: mozzarelle, hamburger e altri prototipi sono stati ottenuti usando inulina di cicoria e sottoprodotti vegetali, con l’obiettivo di arricchire gli alimenti e prolungarne la conservazione. Un trial clinico su 100 volontari, coordinato dal professor Piero Portincasa, ha mostrato un miglioramento del microbiota intestinale, una maggiore stabilità della flora e un elevato gradimento dei prodotti testati.

In questo grande mosaico scientifico e produttivo, anche la dimensione ambientale ha avuto un ruolo centrale. L’impiego di reflui zootecnici per alimentare la coltivazione idroponica e lo sviluppo di packaging biodegradabili e attivi sono due dei risultati che puntano a ridurre sprechi, emissioni e consumo di risorse. I benefici sono stati osservati anche sul campo: animali più sani, carni con un profilo lipidico migliore, riduzione delle emissioni di metano e un latte con caratteristiche nutrizionali più equilibrate.

Il lavoro svolto è stato inoltre certificato da CSQA, che ha definito un disciplinare articolato in cinque pilastri: benessere animale, sicurezza alimentare, sostenibilità ambientale, sostenibilità sociale e sostenibilità economica. Un modello che ora può essere adottato dalle imprese per dare riconoscibilità e valore alle nuove pratiche produttive.

Durante il talk di presentazione, il responsabile scientifico del progetto, il professor Pasquale De Palo, ha sottolineato la portata del percorso svolto: “Oggi si conclude il progetto One Health – One Welfare – One World, un progetto ambizioso e impegnativo che dimostra come la ricerca multidisciplinare possa generare innovazioni concrete per migliorare la qualità delle produzioni, il benessere degli animali e la sostenibilità delle filiere”. Ha poi aggiunto: “I risultati ottenuti aprono la strada a futuri sviluppi industriali e alla possibilità di trasferire le innovazioni ad altre filiere del settore agroalimentare, confermando il ruolo degli atenei italiani come motore strategico di innovazione sostenibile”. Infine, rivolgendosi alle realtà produttive coinvolte, ha ricordato l’importanza della collaborazione: “È stato un lavoro sinergico che ha coinvolto alcune realtà agro-industriali del Mezzogiorno e il mondo degli allevatori. Dal benessere animale dipende la salute pubblica ed è in questa ottica che abbiamo operato”.

Il progetto è stato realizzato nell’ambito del PON “Ricerca e Innovazione” 2014-2020, Asse II, Area di specializzazione “Agrifood”, confermando come la ricerca pubblica, quando incrocia la capacità innovativa delle imprese, possa generare un impatto tangibile sulla qualità degli alimenti e sulla sostenibilità delle filiere che li producono.

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