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Risarcito il vedovo anche del danno patrimoniale

La moglie lavorava in casa

Pubblicato da: redazione | Lun, 2 Giugno 2025 - 14:25
Martello-della-Giustizia

Scatta anche il danno patrimoniale al vedovo perché la moglie dava una mano in casa, prima di morire per un cancro che non è stato asportato in tempo dai medici. Finché è stata in salute, infatti, la signora conviveva col marito e contribuiva al bilancio familiare con piccoli lavori domestici e incombenze varie: la perdita delle prestazioni da parte del coniuge superstite deve essere liquidata in via equitativa perché è suscettibile di valutazione economica come ogni altra attività corrispondente al lavoro di casalinga.

È escluso, poi, che in appello si possa negare il danno non patrimoniale solo perché i familiari-eredi non indicano una specifica quantificazione monetaria diversa da quella riconosciuta dal Tribunale. Lo stabilisce la terza sezione civile della Cassazione con l’ordinanza 14288/2025 pubblicata il 29 maggio 2025. Sono accolti due dei motivi di ricorso proposti dai tre figli della signora, mentre anche il marito è mancato nelle more della causa. Sbaglia la Corte d’appello a liquidare soltanto 2.122 euro a titolo di danno patrimoniale, ritenendo generiche le allegazioni sul contributo della de cuius all’economia domestica: trova ingresso la censura che lamenta la mancata considerazione di una serie di elementi come l’età della signora e la convivenza con il marito ai fini della prova per presunzioni.

Ed è in base a un ragionamento probatorio fondato su fatti certi che si può presumere come la signora fino al ricovero in ospedale contribuisse al bilancio familiare: governava la casa, andava a pagare le bollette e svolgeva una serie di lavori domestici. E dunque il marito ha patito un danno patrimoniale risarcibile: ha perduto, infatti, una serie di prestazioni di cura e assistenza aveva diritto nel rapporto familiare e per le quali «è ravvisabile un parametro economico» come per «qualsiasi altra attività corrispondente al lavoro di casalinga».  Per gli Ermellini, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “Altro errore è riconoscere il danno da perdita di chance chiave interpretativa, chiesto in via subordinata, mentre ai fini della decisione sul danno non patrimoniale, domandato in via prioritaria, il giudice di secondo grado aveva a disposizione la consulenza medico-legale svolta in primo grado: ben poteva decidere sulla sussistenza del danno da uccisione di un congiunto”.

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