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‘Ladri’ di arte, in Puglia recuperati reperti archeologici

I reperti sono stati recuperati anche in Campania e in Emilia Romagna

Pubblicato da: redazione | Mer, 19 Febbraio 2025 - 11:53
carabinieri

Oltre 800 reperti archeologici risalenti al periodo compreso tra il VII secolo a.C. e il V secolo d.C.: sono quelli sequestrati dai carabinieri della sezione archeologia del reparto operativo del comando per la tutela del patrimonio culturale che, in collaborazione con il nucleo investigativo del gruppo carabinieri di Torre Annunziata, hanno dato esecuzione ad un decreto di perquisizione emesso dalla Procura oplontina nei confronti di soggetti con dimora tra Campania, Puglia ed Emilia Romagna indagati a vario titolo per associazione a delinquere, ricettazione e furto di beni culturali. Nel corso delle operazioni, da ciò che si apprende, sono stati sequestrati 819 reperti archeologici apuli, magnogreci e romani, provenienti maggiormente da Campania e Puglia, risalenti al periodo compreso il VII secolo a.C. e il V d.C..

Tra questi 675 monete archeologiche, prevalentemente in bronzo, alcune in argento e in oro, ma anche 144 manufatti archeologici, in bronzo, piombo e ceramici, oltre a undici sofisticati metal-detector e a diversi strumenti per il sondaggio del terreno. I decreti di perquisizione, in tutto 19 le attività effettuate, come spiegano dalla Procura sono stati emessi nell’ambito di una complessa indagine, mirata a contrastare il traffico illecito di beni archeologici. “Le indagini – sostiene in una nota il procuratore della Repubblica di Torre Annunziata, Nunzio Fragliasso – espletate dalla Sezione archeologia del reparto operativo carabinieri Tpc di Roma e coordinate da questa Procura, hanno fatto emergere allo stato un vasto traffico illecito di reperti archeologici, condotto da un’organizzazione criminale ben strutturata, ricalcante la filiera tipica di questo settore, a partire dai cosiddetti ‘tombaroli’, che riforniscono di reperti scavati clandestinamente i ricettatori di primo e secondo livello, i quali, a loro volta, alimentano il mercato illecito, anche internazionale, della vendita di beni archeologici”.

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