Frutta e verdura costano sempre di più, ma non è colpa dei produttori. Il nuovo dossier realizzato dal Centro Studi Consumerismo “Cittadinanza e Nuove Economie”, intitolato “Italia alla Frutta – Edizione 2025”, fotografa una realtà che pesa sulle tasche delle famiglie e mina la sostenibilità della filiera agroalimentare. Dal 2019 al 2024 il prezzo medio di frutta e verdura è aumentato rispettivamente del 32% e del 36,7%, con picchi che hanno superato il 100% per alcuni prodotti come le zucchine.
L’indagine, basata su dati Istat, Ismea e Cso, dimostra che il rincaro non è dovuto a fattori esterni come i costi energetici o climatici, ma alle anomalie di intermediazione. In altre parole, il prezzo al consumo è in media doppio o triplo rispetto a quello registrato all’ingrosso, con un moltiplicatore di prezzo (MP) che varia tra 2 e 3. Un’anomalia che avvantaggia un solo anello della catena: l’intermediario.
La grande distribuzione, pur sostenendo costi di logistica e personale, applica margini che non trovano giustificazione economica e si trasformano in vere e proprie rendite di posizione. Il produttore primario, che si assume i rischi del clima e delle oscillazioni di mercato, resta il soggetto più penalizzato. Allo stesso tempo, il consumatore paga un prezzo ingiustificatamente alto per un bene essenziale, tanto che l’ortofrutta rischia di diventare un lusso per molte famiglie.
«Dal campo alla tavola, i nostri dati dimostrano scientificamente che il prezzo di frutta e verdura triplica lungo la filiera e che a guadagnarci davvero non sono né i produttori né i consumatori, ma gli intermediari», dichiara Luigi Gabriele, presidente di Consumerismo. «Il problema non è che frutta e verdura costino troppo, ma che gli intermediari applicano ricarichi fino al 300%, generando una distorsione che impoverisce chi produce e penalizza chi acquista. È tempo di restituire trasparenza e valore equo alla filiera agroalimentare italiana».
Il dossier suggerisce misure concrete per riequilibrare il sistema: maggiore trasparenza sui margini lungo la filiera, un limite legislativo al ricarico netto e incentivi ai contratti diretti tra produttori e grande distribuzione. Strumenti che, se attuati, potrebbero ridurre i rincari e tutelare sia i redditi agricoli sia il potere d’acquisto delle famiglie.
L’analisi del Centro Studi Consumerismo riporta al centro una questione di equità e fiducia. Sapere chi guadagna e quanto lungo il percorso che porta un prodotto dalla terra al banco del supermercato è un diritto dei cittadini e una condizione essenziale per la sostenibilità economica e sociale del Paese.