L’assunzione a lungo termine di integratori a base di melatonina, comunemente utilizzati per favorire il sonno, potrebbe essere associata a un aumento significativo del rischio di insufficienza cardiaca, di ricoveri ospedalieri correlati e persino di mortalità per qualsiasi causa. A rivelarlo è uno studio internazionale che sarà presentato alle Scientific Sessions 2025 dell’American Heart Association, in programma a New Orleans. La ricerca ha coinvolto 130.828 adulti con diagnosi di insonnia, analizzando l’impatto dell’uso cronico di melatonina nel lungo periodo.
La melatonina è un ormone prodotto naturalmente dall’organismo per regolare il ciclo sonno-veglia. La sua versione sintetica, venduta senza prescrizione medica in molti Paesi – Italia compresa – è spesso impiegata per trattare insonnia e jet lag. Attraverso il database internazionale TriNetX Global Research Network, i ricercatori hanno analizzato cinque anni di cartelle cliniche elettroniche di adulti con insonnia cronica, confrontando coloro che avevano assunto melatonina per oltre un anno con altri pazienti di pari età e condizioni cliniche che non ne avevano mai fatto uso.
I risultati sono allarmanti: tra chi aveva utilizzato melatonina per più di 12 mesi, il 4,6% ha sviluppato insufficienza cardiaca entro cinque anni, contro il 2,7% del gruppo di controllo. Inoltre, il rischio di ricovero per insufficienza cardiaca risultava 3,5 volte più alto (19% contro 6,6%), mentre la probabilità di morte per qualsiasi causa era quasi doppia (7,8% contro 4,3%). Gli autori dello studio sottolineano che, sebbene la melatonina sia percepita come un integratore “naturale” e sicuro, il suo uso prolungato dovrebbe essere attentamente monitorato, soprattutto nei soggetti con disturbi del sonno cronici o fragilità cardiovascolare.
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