La pediatria barese si confronta su come fare rete, superando le barriere tra ospedale e territorio per offrire ai bambini percorsi di cura più efficaci e integrati. Al Policlinico di Bari, nell’aula magna “de Benedictis”, specialisti ospedalieri e universitari, pediatri di libera scelta e rappresentanti istituzionali si sono riuniti per discutere modelli di assistenza condivisi e strategie per migliorare la continuità delle cure in età pediatrica.
«L’obiettivo – ha spiegato il direttore generale Antonio Sanguedolce – è guardare alla medicina del futuro, che non si limita a lavorare soltanto sugli spazi fisici, come l’ospedale o l’ambulatorio pediatrico, ma deve concentrarsi sui percorsi di cura. Ciò che deve guidarci è il bisogno del bambino e della sua famiglia. Perché, in pediatria, il paziente non è mai una sola persona: è un intero nucleo familiare che attraversa insieme questi percorsi».
Sanguedolce ha sottolineato l’importanza dell’ospedale pediatrico Giovanni XXIII, punto di riferimento regionale: «Stiamo lavorando per incrementare le sinergie tra i due presidi e l’intera rete territoriale, perché, indipendentemente dagli assetti aziendali, è fondamentale superare modelli frammentati, rafforzare l’integrazione multidisciplinare e migliorare il coordinamento tra i diversi livelli di assistenza».
Il direttore sanitario del Policlinico, Danny Sivo, ha fornito alcuni dati significativi: negli ultimi due anni gli afflussi al pronto soccorso del Giovanni XXIII sono aumentati del 33%, con oltre 30 mila prestazioni complessive, mentre il Policlinico intercetta urgenze pediatriche ad alta complessità, tra cui più di 3 mila politraumi trattati nell’ultimo anno. «É fondamentale puntare sull’integrazione multidisciplinare e, soprattutto, sul raccordo tra i poli diffusi che, nella nostra regione e nella nostra azienda, si occupano di pediatria. Il Giovanni XXIII è un punto di riferimento storico ed eccellente, ma se ne occupano anche il Policlinico di Bari, le pediatrie territoriali e i pediatri di libera scelta. È quindi evidente il bisogno, oggi urgente, di definire percorsi comuni e modelli condivisi, capaci di unire e ricucire distanze sia di natura fisica sia organizzativa».
Sivo ha poi precisato la necessità di procedure chiare: «Da tempi certi per il trasporto in ambulanza a indicazioni precise su dove indirizzare il paziente sulla base della patologia. La medicina evolve rapidamente e questi cambiamenti richiedono un costante aggiornamento delle procedure e un livello sempre più alto di integrazione. Serve inoltre un’integrazione legata all’età: non è sempre chiaro quando termina l’età pediatrica e quando inizia quella adulta, e questo passaggio rappresenta un momento particolarmente delicato, soprattutto in alcune discipline».
Il direttore sanitario ha concluso con un richiamo all’innovazione e alla collaborazione: «Da un lato abbiamo il dovere di innovare, introducendo terapie sempre più avanzate, in grado di garantire maggiore aspettativa di vita e migliori risultati di cura; dall’altro, abbiamo la responsabilità di integrare sempre di più il nostro lavoro, perché la sanità diffusa sul territorio deve essere messa in rete e funzionare come un sistema unico».
Il prof. Nicola Laforgia, direttore del DAI Pediatrico del Policlinico–Giovanni XXIII, ha evidenziato alcune esperienze già consolidate, dalla rete di trasporto dell’emergenza neonatale (STEN), che dal 2017 ha effettuato circa 737 trasferimenti tra centri spoke e hub, al counselling multidisciplinare per patologie chirurgiche e cardiache fetali, fino alla rete oncologica pediatrica, allo screening metabolico superesteso, alle dimissioni protette e ai primi modelli di telepediatria a supporto dell’allattamento materno.
«Nel complesso – ha sottolineato Laforgia – esiste già un patrimonio di iniziative rilevanti, ma non sempre pienamente integrate. Oggi è necessario un salto di qualità sul piano del coordinamento per rafforzare l’efficacia dei percorsi assistenziali, ridurre le ospedalizzazioni inappropriate e contrastare la mobilità passiva verso altre regioni».