C’è una teoria e chiunque abbia mai riascoltato una canzone del liceo lo sa bene, secondo cui la musica che ascoltiamo da adolescenti non ci abbandona mai. Non è solo nostalgia: è questione anche di neuroscienza, e forse di identità.
Uno studio pubblicato dal Journal of Neuroscience ha mostrato che i brani ascoltati tra i 12 e i 22 anni attivano aree del cervello legate alla memoria, alle emozioni e persino al senso del sé. In pratica, ogni volta che metti play su quel vecchio pezzo ascoltato, il tuo cervello torna esattamente lì: sul motorino, in cameretta, nei pomeriggi che sapevano di libertà e prime volte.
Possiamo dire che la musica è un archivio emotivo di ciò che siamo stati, ma anche una bussola che orienta chi diventeremo.
Durante l’adolescenza, la musica non è solo intrattenimento: è linguaggio, appartenenza, ribellione. Le nostre playlist erano, e in realtà sono ancora adesso, manifesti personali: punk per chi non voleva conformarsi, R&B per chi cercava dolcezza, techno per chi sognava un mondo più grande.
Non a caso, la psicologa musicale Susan ha detto: “A 14 anni la musica diventa il nostro modo di costruire un’identità sociale: scegliamo chi siamo, e chi vogliamo essere, anche attraverso ciò che ascoltiamo.”
Ascoltare un vecchio brano oggi non significa solo ricordare, ma riconoscersi. E forse la musica che ci definisce non è fatta solo di scelte nostre.
È anche quella che ci ha accompagnati, magari senza che ce ne accorgessimo: le canzoni che suonavano in casa, quelle che amavano i nostri genitori, o le playlist che metteva sempre quel compagno di scuola più grande, quello che sembrava sapere tutto della vita.
E così, crescendo, ci scopriamo a canticchiare un vecchio brano dei Beatles o di Battisti, ereditato dal salotto di casa, o a cercare nelle nostre cuffie lo stesso ritmo che ci faceva sentire parte di qualcosa.
È un filo invisibile che collega il passato al presente, e ci ricorda che ,volenti o nolenti ,ogni nota che abbiamo ascoltato ci ha resi un po’ di più quello che siamo oggi.
Cambiamo lavoro, città, abitudini, ma quando parte quella canzone, tutto torna: ci ricordiamo chi eravamo, cosa sognavamo e, a volte, anche dove abbiamo lasciato parti di noi.