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Ex Ilva, intesa con Mittal per mantenere in azienda 10.700 dipendenti

Pubblicato da: Serena Manieri | Gio, 5 Marzo 2020 - 20:45
Un momento del presidio degli operai Ilva a Roma in piazza Montecitorio, davanti alla Camera dei deputati, in concomitanza con l'incontro a Palazzo Chigi tra il governo, le parti sociali, le istituzioni locali e la stessa azienda, sul futuro dello stabilimento di Taranto, 29 novembre 2012.

Ancelor Mittal resta a Taranto. È il risultato di una prima intesa raggiunta dai commissari dell’ex Ilva in amministrazione straordinaria e i vertici di Am Investco, che consentirà agli stabilimenti di non chiudere e al colosso del siderurgico di mantenere in azienda 10.700 dipendenti e di raggiungere la piena produzione entro il 2025.

Un pre-accordo – giunto a due giorni dall’udienza del Tribunale di Milano sui ricorsi – che vede la contrarietà dei sindacati a causa del rinvio di alcuni dei nodi della vicenda, ma che, grazie anche alla previsione di importanti investimenti pubblici, secondo quanto dichiarato dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, “consentirà il rilancio coniugando rispetto per la salute e l’ambiente, tutela dell’occupazione e garanzia di concrete prospettive di competitività”.

E proprio sull’ammontare dell’impegno dello Stato la trattativa risulta ancora aperta, con un’ipotesi di 2 miliardi di Euro di investimenti che, attraverso Invitalia, giungerebbero nelle casse di Am Investco. Tra le condizioni del pre-accordo, una “caparra penitenziale” di 500 milioni di euro che Mittal dovrebbe versare nel caso di recessione dal contratto di affitto, possibile nel caso in cui non si giunga ad un nuovo contratto di investimento, con l’ingresso di nuovi soci, entro il 30 novembre 2020. Oltre alla revoca “dei sequestri penali” l’accordo vincola la chiusura dell’operazione alla modifica del Piano Ambientale, l’autorizzazione a portare la produzione a 8 milioni di tonnellate l’anno, oltre a un nuovo accordo coi sindacati che l’utilizzo di nuovi ammortizzatori sociali fino al raggiungimento della piena capacità produttiva.

“Nei fatti il pre-accordo prevede una fase di stallo da qui alla fine del 2020 per quanto riguarda le prospettive e l’esecuzione del piano industriale” è il commento di Cgil, Cisl, Uil, Fiom, Fim e Uilm, “Non si chiarisce quale sarà il ruolo dello Stato e delle banche, né come sarà distribuito il mix produttivo tra ciclo integrale e forni elettrici, il ruolo conseguente delle due società, la possibilità con questo piano di occupare i 10.700 lavoratori più i 1.800 in amministrazione straordinaria e i lavoratori delle aziende di appalto, che l’accordo del 6 settembre 2018 assicurava”.

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