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Bari, un “guardiano” imposto dal clan: così i Parisi controllavano i cantieri edili

Pubblicato da: redazione | Gio, 27 Febbraio 2020 - 19:00
Parisi

Dal 2010 al 2015 il clan Parisi di Bari, sotto la guida del boss Savinuccio, «capo carismatico da tutti riconosciuto» da almeno un quarto di secolo (il suo primo procedimento per mafia risale agli anni ’90), avrebbe messo in piedi un «sistema cantieri», sottoponendo «a capillare controllo le imprese edili che operavano nel quartiere Japigia» con l’assunzione di guardiani che fungevano da «occhio del clan».

Non solo. La «gestione dell’assegnazione degli alloggi popolari era un altro dei modi attraverso cui il clan controllava il territorio». Sono alcuni dei passaggi delle motivazioni con le quali la Corte di Appello di Bari, nell’ottobre 2019, ha confermato 30 condanne, riducendo per 18 imputati le pene inflitte, nei confronti dei affiliati al clan Parisi nel processo ‘Do ut des’ (6 anni di reclusione per il boss Savinuccio, in continuazione con precedenti sentenze). Alle costituite parti civili, il Comune di Bari, Confindustria Bari, Fai Antiracket di Molfetta, Ance, Arca e sei imprenditori, i giudici hanno riconosciuto il risarcimento dei danni. «L’imposizione di un guardiano – spiegano i giudici – era solo il primo passaggio utilizzato dal clan per introdursi all’interno di un cantiere» per poi «monitorare gli stati di avanzamento dei lavori e informarne gli appartenenti al gruppo, consentendo di intervenire per imporre agli imprenditori anche le ditte che dovevano fornire i vari materiali (cemento, piastrelle, lavori di intonacatura e pitturazione, porte, finestre)». Il boss «aveva suddiviso il territorio del quartiere Japigia in più aree, assegnandole a vari sottogruppi» e «pur detenuto da tempo a seguito di pregresse condanne, non ha cessato di dirigere dal carcere il sodalizio a lui facente capo, facendo pervenire istruzioni ai sodali per il tramite dei familiari che gli facevano visita». Sulla gestione delle case popolari, la Corte ricorda che «nessuno poteva occupare abusivamente un alloggio popolare nel quartiere Japigia senza l’avallo del clan» e che «a beneficiare di detti alloggi erano soggetti appartenenti. (Ansa)

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