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Da Milano a Bari: così Annabella ha salvato l’azienda di famiglia

Cascione: "Nessun rimpianto. Rifarei mille volte ancora questo percorso"

Pubblicato da: Rosanna Volpe | Dom, 28 Gennaio 2024 - 11:41

Annabella Cascione, socia della Sanigen spa e presidente della sezione sanità di Confindustria Bari-BAT. Cascione, 42 anni, parla quattro lingue. Finito il liceo scientifico, dopo una breve esperienza all’università di Bologna, ha studiato prima in Spagna, all’Università autonoma di Barcellona, poi negli Stati Uniti, con un anno accademico al Berkeley College di New York, quindi in Gran Bretagna, dove ha conseguito un bachelor of art alla London School of Economics. Non contenta, ha proseguito con un master svolto in parte alla Nottingham business school e in parte all’università di Madrid.

Sono tanti i diplomati o i laureati che guardano al Nord per inseguire un sogno. Anche a lei è successo questo?

“Si, dopo gli studi all’estero, Milano è stata la mia “Scuola professionale” perché ho realizzato il mio sogno di lavorare per 12 anni per quei nomi blasonati studiati sui manuali di scuola come la multinazionale tedesca Henkel e la francese Danone”.

Cosa si aspettava da Milano e cosa ha trovato?

“Ero poco più di una ventenne quando sono atterrata a Milano, non sapevo ancora nulla del mondo del lavoro e non avevo termini di confronto, ma Milano è stata la mia seconda casa, la mia Palestra professionale; lì ho trovato professionalità, competenze, ordine, regole e meritocrazia. Ero una semplice matricola, figlia di nessuno, dove se vali vai avanti, altrimenti torni a casa”.

Che cosa le mancava di Bari?

“Mi mancava la mia famiglia, non poter essere sempre presente alle ricorrenze, ai compleanni, alle domeniche a pranzo tutti insieme, alle lauree dei miei più cari amici, mi mancavano gli affetti di sempre, i luoghi comuni, i punti di riferimento”.

Si ricorda il momento in cui ha deciso di tornare a casa? Quali ragioni l’hanno spinta a questa scelta?

“Si, come se fosse ieri. Era Natale, un appuntamento immancabile. La mia famiglia aveva bisogno di me, erano sorti dei problemi familiari mai palesati dai miei genitori, ma io li ho colti e ho capito immediatamente che  era arrivato il mio momento.. la riconoscenza nei confronti della mia famiglia che mi aveva supportato per 15 lunghi anni  era tanta da non pensarci due volte. Ho mollato tutto, vita , carriera e sono tornata, per aiutare io loro. Glielo dovevo”

Qualche rimpianto?

“Nessuno. Rifarei mille volte ancora questo percorso ma devi arrivarci con consapevolezza e con una forte motivazione, altrimenti nascono i rimpianti”.

Sono ancora tanti i ragazzi che scelgono di andare via. In cosa Bari dovrebbe cambiare per convincerli a restare?

“La mentalità, la cultura. Bari ma soprattutto i baresi devono capire che il feudalesimo è terminato due secoli fa. L’era in cui tutto si fondava su legami personali tra due individui del quale il più potente concedeva protezione e beni ricevendo in cambio fedeltà, è finito 234 anni fa. Bisogna premiare i meriti e avere il coraggio di ammettere che sebbene qualcuno sia figlio, amico o parente se non è dotato di capacità deve lasciare il posto a chi, figli d’arte e non,  per studio, capacità, sacrifici, dedizione, si distingue per merito, portando valore aggiunto al territorio, alla nostra comunità, alle aziende e alla nostra amata BARI”.

Cosa consiglia a questi ragazzi?

“Consiglio di studiare, di formarsi, di essere sempre più preparati e curiosi; di essere come delle spugne, di affiancare chi ne sa di più di noi, di  apprendere il meglio da tutti i posti che si visitano e poi di tornare a casa e contribuire alla crescita della nostra meravigliosa città che tanto ci invidiano gli amici del Nord e che, quando ha voluto, ha dimostrato di non essere seconda a nessuna”.

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