Riceviamo e pubblichiamo un comunicato in merito ad una denuncia di una paziente ricoverata a Bari:
Una donna ricoverata da oltre una settimana al Policlinico di Bari denuncia una presunta disparità di trattamento nell’accesso agli esami diagnostici urgenti. Ma andiamo per gradi. Grazia (nome di fantasia), madre di due bambine piccole e con una situazione lavorativa precaria, è in attesa di una risonanza magnetica che i medici avevano indicato come necessaria e urgente al momento del ricovero, avvenuto il 26 novembre.
Secondo il racconto della stessa paziente, al momento dell’ingresso in reparto i medici avevano stimato un’attesa di circa 4-5 giorni per la risonanza. Ma la data fissata è il 5 dicembre, dieci giorni dopo il ricovero. Per un’altra paziente, Lucia (nome di fantasia), arrivata in reparto poche ore dopo e in condizioni cliniche considerate stabili, l’esame era stato programmato per il 4 dicembre.
Il nodo nasce quando, secondo quanto riferito da infermieri e confermato dalla stessa Lucia, quest’ultima sarebbe riuscita ad anticipare l’esame grazie a una serie di telefonate a conoscenti esterni. La paziente sarebbe stata chiamata all’improvviso dal servizio di Radiologia il primo dicembre, sottoponendosi alla risonanza in anticipo rispetto alla data prefissata e venendo poi dimessa nel pomeriggio.
Il personale sanitario avrebbe spiegato alle pazienti che al Policlinico sono attivi soltanto due macchinari per la risonanza magnetica, utilizzati sia per prenotazioni esterne sia per urgenze interne, con carichi di lavoro molto elevati. Una condizione che renderebbe complessa qualsiasi rimodulazione degli appuntamenti. Tuttavia, il cambio improvviso di priorità registrato per una delle due donne ha alimentato dubbi e proteste. Il 2 dicembre un’associazione del territorio ha segnalato il caso alla Direzione sanitaria tramite PEC, chiedendo chiarimenti. Al momento, però, la situazione di Grazia è rimasta invariata: la paziente è ancora ricoverata in attesa dell’esame.
“Trovo inaccettabile che nel 2025 si debba assistere a episodi del genere – ha dichiarato la donna – non parlo solo per me: sapere che qualcuno può passare avanti grazie a un contatto o a una telefonata dovrebbe far riflettere. Tutti siamo pazienti, tutti siamo fragili quando entriamo in ospedale. Restare dieci giorni ricoverati in attesa di un esame significa tenere occupati posti letto e personale, quando una gestione più equa permetterebbe di tornare prima dai propri figli. Spero che questa denuncia possa servire a migliorare le cose”, ha concluso. La Direzione sanitaria, interpellata tramite PEC, spiegano “non ha ancora fornito risposte formali sulla dinamica che ha permesso l’anticipo dell’esame per una delle due pazienti”.
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