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Bari, le voci dei lavoratori dello spettacolo: “Noi umiliati e dimenticati”

Pubblicato da: Francesca Emilio | Sab, 30 Maggio 2020 - 06:30

Anche i lavoratori pugliesi dello spettacolo scendono in piazza, quest’oggi, insieme ai colleghi di tutta Italia, per far sentire il proprio grido di aiuto, che giunge in un momento in cui l’intero settore della cultura e degli spettacoli è messo in ginocchio dall’emergenza sanitaria conseguente al Covid-19. Appuntamento a Bari, in piazza della Libertà, dove i lavoratori e sostenitori di tutti i comparti del mondo della cultura, si ritrovano per manifestare di fronte al teatro Piccinni, uno dei luoghi simbolo della cultura del capoluogo pugliese.

Tra le istanze rivolte al governo e alle istituzioni locali, un reddito di continuità capace di rappresentare una boccata d’ossigeno fino alla ripresa piena dei singoli settori e che tuteli e garantisca l’esistenza del comparto, salvaguardando i rapporti di lavoro in atto. A tal fine, i manifestanti chiedono un tavolo di confronto tecnico-istituzionale immediato sulla riapertura, fra lavoratori, sindacati, governo e istituzioni, che abbia come priorità la salute e la sicurezza di artisti e pubblico, la possibilità di finanziamenti pubblici, ma anche strumenti di riforma, sia per la ripartenza in presenza, che per una virtualità sostenibile e democratica.

Una protesta, quella di oggi, che nasce dal comune senso di umiliazione e di solitudine che aleggia tra i lavoratori pugliesi del settore per una condizione che sembra non essere solo legata all’emergenza sanitaria, che in questo periodo aggrava un già difficile quadro causato da una molteplicità di fattori socio-economici. Poco considerati da parte delle istituzioni locali e del governo, i lavoratori del settore si ritrovano oggi a combattere una battaglia che ha radici lontane e che, a livello internazionale, vede il nostro Paese come fanalino di coda tra le altre nazioni europee sul fronte dei riconoscimenti e delle tutele garantite ad artisti e musicisti.

Molti sono, infatti, i lavoratori del settore che sono costretti, tutt’oggi, a lavorare a nero poiché il sistema non rende possibile un supporto bilaterale dei costi che agevoli sia gli artisti sia i gestori dei locali o delle varie realtà ospitanti. “I cachet molto spesso non permettono di supportare i costi per versare eventuali contributi, per noi non ci sono ammortizzatori sociali. È umiliante, non abbiamo riferimenti per capire e non ci viene riconosciuto il lavoro svolto – è il commento della cantante e insegnante barese Rosanna D’Ecclesiis, che prosegue – Lo dimostra il fatto che anche durante questo periodo di emergenza, molti musicisti, anche quelli con famiglie a carico, non hanno potuto usufruire dei bonus previsti per altre categorie. Per la comunità non facciamo niente, ma il nostro è un lavoro a tutti gli effetti, con rischi annessi”.

In effetti, il supporto riservato alla categoria da parte del governo e delle istituzioni locali, sembra essere stato piuttosto limitato: per i lavoratori iscritti ENPALS, per esempio, da 30 giornate di contributi giornalieri versati nel 2019, si è scesi a 7, ma tale vittoria non è bastata ad accontentare tutti, poiché evidenzia, secondo molti lavoratori del settore, quanta poca conoscenza ci sia nei confronti del mestiere e dei suoi stessi ritmi.

Ulteriori supporti sono stati annunciati qualche giorno fa dal governatore della Regione Puglia, Michele Emiliano, il quale ha previsto lo stanziamento di 1 milione e mezzo di euro in favore della filiera musicale, per il tramite dei bandi indetti da Puglia Sounds Plus. Tuttavia, anche in questo ambito, la voce degli artisti sembra non essere concorde in termini di positività: molti, infatti, coloro che sospettano che tali bandi sono “costruiti” ad hoc per prediligere situazioni e contesti già avviati, lasciando fuori moltissimi artisti.

“Le cifre di questi bandi non sono trasparenti, senza contare che lo stanziamento è stato annunciato senza alcuna condivisione e discussione con le organizzazioni che rappresentano la filiera dello spettacolo – ha commentato Felice Mezzina, musicista che da circa 27 anni, al fianco della CGIL, cerca di portare all’attenzione delle istituzioni la situazione drammatica del settore – A livello nazionale si è rimasti molto indietro, i diritti e le tutele sono negati alla radice. L’impianto delle leggi è molto vecchio, risale agli anni ’30 – precisa – in tutto il settore spettacolo non esiste riconoscimento, non c’è possibilità di prendersi giorni di malattia, non esiste il concetto di maternità. Ci sono 24mila eventi organizzati da piccole realtà e associazioni, di questi 18.500 sono in mano ad una gestione dilettantistica, se non addirittura criminale. Finalmente il governo è stato costretto a parlare con noi affermando, per la prima volta, che questo è un settore che produce economia, speriamo che apra le porte ad un futuro privo di diritti negati”, ha concluso il musicista, a cui fa eco il chitarrista barese Nicola Mineccia: “Mi fa paura l’idea di riprendere, perché non so a quali condizioni dovremo farlo. In molti abusano della naturale capacità degli artisti di sapersi adattare, ma la verità è che siamo sospesi. Questo non è giusto, perché avviene anche per chi deve sfamare i propri figli. Non siamo persone che fanno solo divertire”.

Paure e incertezze che suonano come costanti nelle voci di molti altri artisti pugliesi, tra cui Graziana Jana Campanella, che racconta: “Mi piace paragonare la figura del musicista a quella degli avvocati, che, per prepararsi, studiano l’argomento e vengono pagati per questo. Lo stesso facciamo noi, ma troppo spesso non ci viene riconosciuto il tempo speso per questo. C’è sempre incertezza nei confronti del futuro”.

Ancora più dolenti, i tasti toccati da Lisa Manosperti, cantante e insegnante con molti anni di esperienza alle proprie spalle, che racconta: “Mi sono ritrovata di punto in bianco senza nulla; è stato molto difficile e lo è ancora, soprattutto a livello psicologico. Non ho più venti o trent’anni. Noi artisti navighiamo nell’incertezza, ma vogliamo continuare a vivere di questo. Durante il lockdown mi sono rifiutata di condividere post online, perché ho ritenuto il silenzio più appropriato. La voglia di cantare era tanta, ma i musicisti avevano tutti bisogno di supporto. Siamo stati fortemente ignorati, se non fosse stato per l’impegno di alcuni, non avremmo avuto nemmeno quel contentino che non sappiamo quando arriverà. Questo è il momento giusto per far capire a tutti, non solo alle istituzioni, che esistiamo, che siamo e facciamo cultura. Serve restare uniti e creare una vera rappresentanza affinché il nostro settore venga regolarizzato e vengano riconosciuti gli sforzi che facciamo ogni giorno, togliendo, tra le altre cose, il monopolio a Major e Siae” – ha concluso la cantante.

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