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Puglia, report della vergogna: “Lavoratrici maltrattate e violentate nei campi”

Pubblicato da: Adalisa Mei | Sab, 30 Aprile 2022 - 06:30

Le donne impiegate nell’agricoltura – nell’arco ionico – sono per lo più invisibili. Nessuno sa quante siano davvero. Ma tutti sanno (e nascondono) di come i loro diritti vengano calpestati a fronte di salari da fame.

Braccianti, operatrici, ricercatori, psicologhe, sindacaliste. Tutte raccontano come le molestie sessuali, i ricatti, le paghe, le liste nere dei caporali siano un fenomeno radicato anche nell’Arco Ionico, l’area che comprende le provincie di Matera, Taranto e Cosenza. Una vasta zona del sud Italia dove il clima e la terra fertile favoriscono le coltivazioni di ortofrutta, dalle fragole all’uva da tavola fino agli agrumi. Sono le donne a essere richieste per garantire maggiore cura per le stagioni di raccolta e lavorazione della frutta più delicata. Sono le donne, soprattutto le straniere originarie della Romania e Bulgaria, a vedere violati i propri diritti più elementari.

Quello che emerge da un rapporto di Action Aid ha dell’incredibile: “Le donne vengono reclutate solo se, oltre ad essere sfruttate nel mondo del lavoro, si lasciano anche sfruttare e abusare sessualmente, oppure accondiscendere alle avances”, racconta Maurizio Alfano, azienda Calabria Lavoro, esperto in migrazioni. “Passiamo proprio dal campo fisico, dove lavorano, ad un campo vero e proprio di tortura mentale alle quali sono sottoposte anche durante le ore di risposo con whatsapp, piuttosto che con telefonate moleste”.

“Le violenze non sono solo fisiche e verbali, ma soprattutto psicologiche”-  spiega Adriana donna leader della comunità rumena. Le lavoratrici che subiscono violenze sono soprattutto quelle che non conoscono la lingua. Le donne che abitano nei campi, che hanno bambini che portano con loro, che non hanno una famiglia”.

A peggiorare la vita delle donne sono le disuguaglianze strutturali di genere, come la disparità salariale tra donne e uomini. Nelle campagne le donne arrivano a guadagnare anche solo 25/28 euro al giorno mentre gli uomini ne ricevono 40. Inoltre, c’è – secondo il report – la pratica di molti datori di lavoro di dichiarare in busta paga un numero inferiore di giornate rispetto a quelle lavorate. Tutto questo impedisce alle donne non solo di accedere all’indennità di infortunio, malattia e disoccupazione agricola, ma anche a quella di maternità.

“Guadagno trentotto euro al giorno”, racconta Catalina una lavoratrice rumena. “Chi riesce lavora senza interruzioni, dal lunedì alla domenica. Gli uomini ricevono due euro in più all’ora perché hanno compiti più pesanti. Stamattina mi sono alzata presto, cominciamo alle sei: prepariamo il terreno per piantare le fragole, lo concimiamo. Devo stare sempre piegata e adesso che sono incinta è faticoso. Mi sento sfiancata, però sono obbligata ad andarci, ho bisogno di soldi”.

“Dal 2016 – spiega Grazia Moschetti, responsabile dei progetti nell’Arco Ionico – abbiamo avviato un programma in risposta alle molteplici forme di violazioni dei diritti umani delle donne lavoratrici, fondato sul protagonismo delle operaie agricole e sulla costruzione di risposte sostenibili alle loro esigenze, attraverso forme di collaborazione e di responsabilità condivisa a livello comunitario. Un impegno che coinvolge istituzioni, sindacati, associazioni locali, imprese agricole, associazioni di datori di lavoro, partner della società civile per produrre un cambiamento concreto nella vita delle donne braccianti.

Il modello agricolo attuale non è sostenibile, né per le lavoratrici a rischio o in condizioni di sfruttamento, né per le tante imprese che rispettano le regole nonostante le molte difficoltà che il mercato e la concorrenza sleale impone loro. Abbiamo bisogno di cambiare prospettiva- continua Moschetti – mettendo al centro i bisogni delle lavoratrici agricole come cittadine e come persone che ad oggi sono escluse dai più basilari servizi di welfare e più in generale dai processi democratici delle comunità di appartenenza. Servono spazi pubblici di confronto dedicati alle donne, costruiti da loro e supportati da tutte le parti in causa, dalle imprese alle associazioni. Solo con il contributo di tutti – come sta accadendo nell’Arco ionico – possiamo coltivare relazioni positive dentro e fuori i luoghi di lavoro. Le operaie agricole non possono più essere escluse o lasciate ai margini degli interventi delle istituzioni, ad oggi attuati senza una chiara prospettiva di genere. Continuare a farlo significa non mettere fine deliberatamente alle violazioni dei diritti e alle violenze che subiscono”.

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