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Bari, arresto Lerario: la “manzetta” nel cesto di Natale. Ecco come gli imprenditori ringraziavano il dirigente

Pubblicato da: redazione | Lun, 27 Dicembre 2021 - 10:00
lerario
Oltre sessanta pagine che raccontano le ragioni dell’arresto prima del dirigente della Regione Puglia Mario Lerario, poi dei due imprenditori Luca Ciro Giovanni Leccese, di Foggia, titolare della società Edil Sella, e Donato Mottola, di Noci, titolare della società Dmeco Engineering. Lerario ha già ammesso di aver intascato una tangente da 10 mila euro, in 200 banconote da 50 euro. La vicenda risale al 23 dicembre scorso ed è costata a Lerario l’arresto in flagranza e poi la detenzione in carcere e all’imprenditore gli arresti domiciliari. Entrambi sono accusati di corruzione. Agli arresti domiciliari è finito anche un altro imprenditore, accusato di aver consegnato il giorno prima a Lerario un’altra tangente da 20 mila euro, una “manzetta” la chiama lui al telefono parlando con la moglie dopo aver recapitato al dirigente il “regalo di Natale”, cioè una “mazzetta” nascosta in un pezzo di manzo pregiato.
Entrambi gli imprenditori, avevano con la Protezione civile regionale diversi appalti per oltre 5,3 milioni di euro complessivi: per la realizzazione del container per l’isolamento dei migranti positivi al Covid nel Cara di Borgo Mezzanone, per gli uffici della sede di Foggia del Numero unico 112 nell’aeroporto dauno, per l’ospitalità di migranti lavoratori stagionali sempre nel Foggiano e anche per l’installazione di strutture prefabbricate mobili di emergenza per pre-triage a servizio e supporto delle strutture ospedaliere durante la pandemia. Appalti che hanno garantito a Leccese entrate per circa 2,8 milioni di euro, a Mottola per quasi 2,5 milioni. I due imprenditori hanno confessato, spiegando che quel denaro era una loro personale iniziativa, un ringraziamento per i lavori che erano stati affidati loro.

 

Le indagini partite a maggio 2021 sulla realizzazione della struttura per le maxi emergenze Covid nella Fiera del Levante di Bari, emerge “l’esistenza di una fitta rete di rapporti tra il pubblico ufficiale e gli imprenditori coinvolti caratterizzata dall’asservimento, in cambio di un tornaconto personale, della funzione pubblica del primo agli interessi economici dei secondi”.

La gip, Anna Perrelli, nel ritenere sussistente il pericolo di inquinamento probatorio da parte di Lerario, parla di “mercimonio delle pubbliche funzioni” ed evidenzia che durante le indagini il dirigente si sarebbe anche “preoccupato di far bonificare il proprio ufficio dove erano state sistemate cimici audio-video”, consapevole di essere intercettato, in un atteggiamento di “spregio assoluto per la funzione pubblica rivestita”.

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