La forbice tra pensionati e lavoratori attivi continua ad allargarsi, soprattutto nel Mezzogiorno, ma il fenomeno comincia a farsi sentire anche al Nord. Lo segnala la CGIA di Mestre, che prevede per i prossimi anni un ulteriore peggioramento del rapporto tra chi percepisce una pensione e chi lavora, con inevitabili ricadute sui conti pubblici e sulla stabilità economica del Paese.
Secondo l’Ufficio studi dell’associazione, sono già otto le province settentrionali in cui il numero di pensioni supera quello dei lavoratori attivi: Rovigo (-2.040), Sondrio (-2.793), Alessandria (-6.443), Vercelli (-7.068), Biella (-9.341), Ferrara (-9.984), Genova (-10.074) e Savona (-13.753). In Liguria, dunque, due province su quattro registrano un saldo negativo, e in Piemonte tre su otto. Delle 107 province italiane analizzate, solo 59 presentano un saldo positivo. Nel Mezzogiorno, le eccezioni sono poche: Matera (+938), Pescara (+3.547), Bari (+11.689), Cagliari (+14.014) e Ragusa (+20.333).
L’associazione avverte che, con l’aumento dei pensionati e un numero di occupati destinato a rimanere pressoché stabile, la spesa pubblica continuerà a crescere, mettendo a rischio l’equilibrio finanziario del Paese. Per invertire la rotta, la CGIA sottolinea la necessità di ampliare la base occupazionale, contrastare il lavoro nero e incrementare l’occupazione femminile e giovanile, ancora tra le più basse in Europa.
Il progressivo invecchiamento della forza lavoro crea anche gravi problemi alle imprese, che faticano a trovare personale qualificato. Oggi la regione con l’indice di anzianità più alto tra i dipendenti privati è la Basilicata (82,7): ogni 100 lavoratori under 35, ce ne sono 82,7 con più di 55 anni. Seguono Sardegna (82,2), Molise (81,2), Abruzzo (77,5) e Liguria (77,3). La media nazionale si ferma al 65,2. Le regioni che mostrano i valori più bassi – pur restando sopra la soglia di attenzione – sono Emilia-Romagna (63,5), Campania (63,3), Veneto (62,7), Lombardia (58,6) e Trentino-Alto Adige, segno che il tema dell’età lavorativa è ormai una questione nazionale, non più confinata al Sud.
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