Secondo la difesa, l’ex consigliere regionale pugliese Giacomo Olivieri non avrebbe stretto accordi con i clan mafiosi in occasione delle elezioni comunali del 2019, ma si sarebbe trattato di “corruzione elettorale” finalizzata a favorire l’elezione della moglie, Maria Carmen Lorusso, al consiglio comunale di Bari.
È quanto emerso nel corso dell’udienza odierna, durata circa quattro ore, nella quale gli avvocati Gaetano e Luca Castellaneta hanno anche respinto le accuse di estorsione ai danni dell’ex presidente della Banca Popolare di Bari. Il debito contratto dalla Fondazione “Maria Rossi”, riconducibile a Olivieri, sarebbe stato saldato con un accordo trasparente, attraverso azioni e il ricavato dalla vendita di immobili. Olivieri è imputato nel processo abbreviato scaturito dall’inchiesta “Codice interno”, che indaga sui presunti intrecci tra mafia, politica e affari nel capoluogo pugliese. Insieme a lui sono sotto processo altri 107 imputati.
Nel corso della sua precedente deposizione del 12 febbraio, Olivieri aveva ammesso di aver distribuito denaro, buoni pasto e benzina in cambio di voti. Tuttavia, ha dichiarato di non essere a conoscenza dei legami con famiglie mafiose, tra cui i clan Parisi, Montani e Strisciuglio, di alcune delle persone coinvolte nella sua campagna elettorale. Uno di questi era Tommaso Lovreglio, nipote del boss ‘Savinuccio’ Parisi e dipendente di Amtab, municipalizzata dei trasporti da tempo in amministrazione giudiziaria. Per la Direzione Distrettuale Antimafia, invece, Olivieri avrebbe consapevolmente pagato esponenti dei clan in cambio di sostegno elettorale. La procura ha chiesto per lui una condanna a dieci anni di reclusione. Il processo riprenderà il 2 maggio.