Succede ogni anno. Dicembre arriva puntuale e all’improvviso partono loro. Le canzoni di Natale “di sempre”. Quelle che conosciamo a memoria, che riconosciamo dopo due note, che riescono a trasformare una giornata qualunque in qualcosa di più caldo, più lento, più familiare.
Ogni anno escono nuove canzoni natalizie. Ma allora perché, nonostante questo, il nostro immaginario sonoro del Natale resta ancorato a pochi grandi classici?
La risposta non è solo musicale. È emotiva. Le canzoni natalizie storiche funzionano perché non parlano solo di Natale: sono Natale.
Brani come “All I Want for Christmas Is You”, “Last Christmas”, “Jingle Bell Rock”, non evocano semplicemente un periodo dell’anno, ma un insieme di sensazioni: pranzi in famiglia, viaggi in auto, vetrine illuminate, pomeriggi freddi e serate calde.
Quando le ascoltiamo, non le sentiamo per la prima volta: le riconosciamo. A differenza di altri generi musicali, le canzoni di Natale vivono di ritualità. Tornano ogni anno, sempre uguali, e proprio per questo rassicuranti. Le nuove canzoni natalizie, per quanto curate, spesso non hanno il tempo necessario per creare questo legame. Il Natale dura poche settimane, e la memoria emotiva ha bisogno di anni.
C’è poi un elemento sonoro che distingue molte canzoni natalizie storiche: arrangiamenti caldi, orchestrazioni ampie, cori, campanelli. Sono suoni che parlano di un’epoca in cui la musica era pensata per durare. Molte produzioni moderne, invece, funzionano benissimo nel presente, ma faticano a diventare senza tempo.
La verità, forse, semplicemente è che a Natale non cerchiamo qualcosa di nuovo. Cerchiamo qualcosa che ci riporti indietro, anche solo per tre minuti. Ai ricordi belli anche se passati.