Non sempre ciò che arriva sulle nostre tavole racconta una storia trasparente. Lo dimostra quanto accaduto nei giorni scorsi al porto di Brindisi, dove un normale controllo sui mezzi in arrivo dalla Grecia si è trasformato in una doppia operazione di sequestro che ha evitato una possibile frode alimentare su larga scala.
Durante le attività di vigilanza negli spazi doganali dello scalo brindisino, i funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, insieme ai finanzieri del Gruppo Brindisi e agli ispettori dell’ICQRF Puglia e Basilicata, hanno fermato due camion provenienti dalla Bulgaria. I veicoli trasportavano grandi quantitativi di semilavorato di pomodoro destinati a due aziende italiane note per commercializzare prodotti presentati come realizzati esclusivamente con materia prima nazionale.
A prima vista, la documentazione allegata sembrava in regola: i documenti indicavano chiaramente la provenienza bulgara della merce. Ma qualcosa non tornava. Approfondendo l’ispezione, gli operatori hanno scoperto etichette applicate sulle confezioni che riportavano la dicitura “Country of origin – Italy”. Un dettaglio che, se non intercettato, avrebbe potuto consentire l’immissione sul mercato di prodotti spacciati come italiani, ingannando i consumatori e generando profitti illeciti per centinaia di migliaia di euro.
Ma non si tratta solo di una questione economica. L’utilizzo di materia prima di origine non dichiarata può rappresentare anche un rischio per la salute pubblica: non si può infatti escludere la presenza di contaminanti non conformi agli standard imposti dalla normativa europea.
Alla luce degli elementi raccolti, sono state sequestrate oltre 42 tonnellate di passata di pomodoro e i rappresentanti legali delle aziende destinatarie sono stati segnalati alla Procura della Repubblica di Brindisi per il reato di falsa indicazione di origine, previsto dall’articolo 517 del codice penale.