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De Andrè, tra musica e poesia

Pubblicato da: Ylenia Bisceglie | Mer, 8 Settembre 2021 - 13:00
foto rollingstones

Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “La ballata dell’amore cieco”.  Un vero e proprio talento poetico letterario, il suo. Un artista geniale, un sognatore. Senza alcun dubbio uno dei maggiori esponenti della musica italiana, non solo del secondo Novecento, ma di ogni tempo: Fabrizio De Andrè.   Faber compone libero, potremmo dire anarchico. 

Canta del mondo, così com’è ma anche come avrebbe voluto che fosse.  Scrive della vita, delle sue mille sfaccettature, di chi è ai margini nella continua lotta al potere, dei vinti, di chi ha fatto la rivoluzione e ha sperato, combattuto. Canta storie d’amore, spesso o forse, sempre sfortunato, stereotipato, talvolta pericoloso.

Per lui l’amore è un po’ come la rivoluzione: travolge ma se ne si diviene coscienti solo a occasione perduta.  Canta la dignità di chi probabilmente senza lui non l’avrebbe mai avuta.  Basti pensare a “Bocca di Rosa”, pubblicata nel 1967, divenuta successivamente un classico, ormai cantato a gran voce da generazioni in generazioni o a Marinella. La storia dell’omicidio di una giovane realmente esistita, una prostituta scippata, uccisa e gettata nel fiume Tanaro, al quale Faber ha voluto dedicare una versione “più romantica” dell’accaduto, “per addolcirle la morte visto che non poteva più cambiarle la vita”.

Ogni suo testo ha una morale che emerge prepotente, sarcastica. Ama la giustizia, scrive di giustizia, esempio ne è “Città Vecchia” nel quale fa riferimento al piccolo mondo criminale dell’angiporto genovese.

“Con l’andare del tempo si scopre che gli uomini sono dei meccanismi talmente complessi, che tante volte agiscono indipendentemente dalla loro volontà. Allora finisci per trovare poco merito nella virtù e ben poca colpa nell’errore”.

Le canzoni di De Andrè bisogna saperle leggere, sono ballate sospese tra sogno e realtà. La sua è una scrittura criptica, complessa, non facile da decifrare, non per tutti. 

“Dolcenera” è uno dei testi con il maggior numero di livelli di interpretazione di De André. Superficialmente si potrebbe pensare che racconti dell’alluvione avvenuto a Genova nel ’70, ma netto è il contrasto del dolore e dell’amore dei cittadini che si prendono per mano, del protagonista e della “Moglie di Anselmo”. Dolcenera è passione che travolge e non bada a conseguenze, insensibile, inarrestabile.

Difficile identificare i suoi lavori in un unico genere musicale, la sua è musica d’autore, che sta ad indicare proprio l’assenza di un genere unico e preciso ma una chiara direzione autoriale delle sue opere, che travalica i generi e lo rende chiaramente riconoscibile già dalle prime note.

Ogni suo brano può essere ascoltato senza musica, è pensato per essere indipendente da quello che è un tessuto sonoro, letto come una forte e dolce poesia. (foto rollingstones)

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