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Bari, Agnese Moro al Redentore: “Mio padre sempre a servizio degli italiani”

Pubblicato da: redazione | Sab, 10 Dicembre 2022 - 16:13

Perché quest’uomo si è messo a fare politica? È la domanda da cui è partita la testimonianza di Agnese Moro che a Bari questa mattina ha partecipato alla giornata di Studi promossa dal Laboratorio Don Bosco, nell’Istituto Redentore, per raccontare l’esempio di Aldo Moro come uomo, come politico e come cattolico. La risposta è in una parola, “dedizione”, che Moro ha messo nel suo modo di fare politica, facendone la cifra del suo operato. “Io credo che mio padre – la risposta di Agnese – si sia appassionato al destino delle persone di questo Paese, che lui abbia sentito nei confronti di quelli che sua mamma chiamava i vinti della vita. Ha desiderato che questi trovassero nell’Italia un posto accogliente. Che il Paese diventasse un posto bello per le persone che fino a quel momento erano rimaste fuori da tutto”.

Tradotto in impegno, la sua dedizione traspariva da ogni suo gesto, anche nella vita familiare. A testimoniarlo la carrellata di foto private che Agnese mostra mentre prova a spiegare chi era suo padre. Foto di un uomo che lei definisce “fuori posto” ovunque fosse in un contesto privato: che fosse in Lapponia con uno spolverino leggero e i mocassini in mezzo alla neve con lo sguardo fisso su una renna “a testimonianza – ironizza Agnese – della sua fiducia nel dialogo; che fosse al mare ritratto in giacca e cravatta perché “gli italiani avevano diritto di essere rappresentati nella massima dignità possibile” era la risposta a chi in famiglia provava a chiedere perché; che fosse in un pranzo domenicale ritratto con una pila di carte da studiare sul tavolo. Non c’è un’immagine di un giorno di festa, che fosse Natale o Pasqua, che Agnese ricordi in cui non ci fossero documenti da visionare, articoli da scrivere, discorsi da perfezionare, lavoro da svolgere. “Perché tutto il tempo doveva essere a servizio degli italiani – ricorda. Un uomo e il suo operato spesso schiacciato dal tragico epilogo che ne ha offuscato lo spessore e il contributo politico.

Proprio sul Moro pubblico è intervenuto Guido Formigoni, docente dello Iulm, autore della
biografia “Lo statista e il suo dramma”. Un dramma che si traduce “nella grande difficoltà del politico di tenere insieme ciò che ha provato a tenere insieme per tutta la vita, ovvero la volontà riformatrice e la necessità di far procedere il suo partito. Il tutto senza troppe scosse, perché consapevole di vivere in un Paese dalle strutture fragili e dalle passioni forti”. Un modo di fare politica inclusivo, con la centralità del dialogo e la fiducia nel potere della parola come strumenti di lavoro. “Un cattolico vocato alla politica”, lo ha definito Angelo Giuseppe Di Bisceglia, dell’Università pontificia Salesiana. “Un uomo – ha sottolineato – ispirato e guidato dalla fede nel suo impegno a dare riconoscimento a chi era stato escluso dalla storia”.

L’ispirazione cristiana non fu un orpello per Moro – ha precisato Giuseppe Acocella, rettore
dell’Università G. Fortunato di Banevento – ma si traduce nella centralità del diritto sociale, nel mettere i bisogni reali delle persone nel tempo reale”. A don Giuseppe Ruppi, padrone di casa della giornata di studio e direttore del laboratorio don Bosco, il compito di testimoniare il profondo rapporto di Moro con i salesiani di Bari e con l’istituto Redentore che il politico visitò nel 1958. “In quella visita Moro ha sottolineato l’importanza della formazione professionale, un concetto che i salesiani hanno accolto, fatto proprio e messo in pratica nella loro opera quotidiana. Tra noi e Moro c’è un feeling carismatico – ha concluso don Ruppi – davvero significativo. E la risposta della comunità che ha gremito la sala dell’incontro ne è la testimonianza tangibile”.

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