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Overtourism: quando troppi turisti fanno male

L'analisi di Consumerismo

Pubblicato da: redazione | Gio, 26 Giugno 2025 - 20:28
turisti

Ogni anno milioni di italiani si mettono in viaggio, spesso scegliendo mete iconiche come Roma, Firenze, Venezia o le Cinque Terre. Ma c’è un dato che deve far riflettere: l’80% dei viaggi si concentra nel 10% delle destinazioni. Perché succede? E, soprattutto, a quale costo economico, ambientale e sociale?

L’Italia vista da Instagram È innegabile che oggi la scelta della meta turistica passi dallo smartphone. Le città d’arte, i laghi da sogno, le spiagge perfette al tramonto: tutto è già stato visto, condiviso, consigliato. Ma dietro questa apparente libertà di scelta si nasconde un meccanismo ben più profondo.

A guidare i flussi turistici non sono più i cataloghi delle agenzie, ma gli influencer. È successo, per esempio, a Roccaraso, tranquilla località sciistica abruzzese invasa in un solo giorno da 10.000 persone, dopo un video virale pubblicato su TikTok da Rita De Crescenzo (1,7 milioni di follower).

George Clooney, acquistando Villa Oleandra sul Lago di Como, ha trasformato una località già affascinante in un simbolo internazionale di lusso e glamour. Il suo gesto ha acceso i riflettori sul territorio, attirando star, influencer e turismo, contribuendo in modo decisivo alla fama globale del lago. Il Lago di Como, con 4,8 milioni di pernottamenti nel 2023, è diventato una tappa fissa per i creator internazionali: il risultato è un sovraccarico infrastrutturale che mette a rischio l’equilibrio del territorio; la pressione turistica ha cominciato a farsi sentire, tra traffico, affitti alle stelle e perdita di autenticità nei borghi rivieraschi.

“White Lotus 2”, girato in Sicilia (Taormina), ha fatto aumentare del 70% le ricerche di soggiorni nella regione nei mesi successivi alla messa in onda.

C’è poi l’effetto “reputazione”: chi è già stato in una meta famosa la racconta, la celebra, la raccomanda. È un turismo “follow-the-crowd”, dove l’affollamento è conseguenza diretta del marketing e della visibilità social. Intanto, i territori meno noti, magari autentici e sostenibili, restano fuori dai circuiti.

Città svuotate, case affittate ai turisti L’overtourism ha effetti diretti anche sul mercato immobiliare. Le locazioni turistiche, in particolare gli affitti brevi, stanno trasformando radicalmente il volto delle nostre città.

A Roma, le conversioni in affitti brevi sono raddoppiate negli ultimi anni e i canoni per i contratti lunghi sono saliti del 30%. Firenze è un caso emblematico: da 150 a oltre 12.000 appartamenti affittati a breve termine in appena otto anni. Un dato impressionante che racconta lo svuotamento dei centri storici, la perdita di identità dei quartieri e la crescente difficoltà per i residenti di trovare una casa a prezzi accessibili.

Secondo le ultime stime, in Italia nel 2023 erano attivi circa 496.000 immobili destinati agli affitti brevi (il 70% gestiti da privati), con un impatto economico pari a 66 miliardi di euro e circa 150.000 posti di lavoro generati.

Ticket d’ingresso e numero chiuso: soluzioni o barriere? Negli ultimi anni molte città italiane hanno iniziato a introdurre misure restrittive per contenere i flussi turistici. Venezia ha aperto la strada nel 2024, con un ticket di ingresso giornaliero di 5 euro nei giorni “clou”, portato poi a 10 euro per le prenotazioni last minute e applicato in 54 giorni all’anno. Nei primi mesi l’incasso ha superato i 2 milioni di euro, ma senza un effettivo calo delle presenze.

Altre località, come Villasimius o Stintino, hanno scelto una gestione più soft delle spiagge: prenotazioni online, numero chiuso, tariffe tra 1 e 10 euro. A Sirmione, invece, sono stati introdotti i “tutor urbani”, operatori che aiutano i turisti a rispettare i luoghi e a gestire i flussi, senza ricorrere a misure drastiche.

Il problema resta complesso. Il turismo è un asset strategico per l’Italia: nel 2023 ha generato oltre 62 miliardi di euro di spesa e rappresenta fino al 15% del PIL nazionale. Misure troppo rigide rischiano di compromettere l’economia dei territori che vivono di turismo. Ma ignorare il problema vuol dire lasciare che la pressione cresca fino a diventare insostenibile.

La soluzione sta in un approccio calibrato: biglietti temporanei, limiti selettivi, promozione di mete alternative, mediazione tra residenti e operatori, per conciliare crescita economica e vivibilità.

Il turismo pesa anche sull’ambiente Non c’è solo l’impatto sociale. Il turismo di massa incide direttamente sull’ambiente e sulla gestione urbana. Le città storiche sostengono costi ingenti per pulizia, raccolta rifiuti, manutenzione di strade e trasporti pubblici. A Venezia si calcolano circa 4,7 euro di costo per ogni turista al giorno, 3–4 euro nelle altre città d’arte, 2–3 euro nelle località balneari.

Le aree naturali non sono messe meglio:

I sentieri delle Cinque Terre subiscono continue erosioni.
Le navi da crociera contribuiscono all’inquinamento della laguna veneziana.
Il traffico aereo low-cost alimenta emissioni di CO₂.
Le ondate di calore spostano i flussi in modo disordinato, aggravando il carico sulle zone costiere e montane.
Alcune amministrazioni stanno sperimentando soluzioni innovative:

Tecnologie per il crowd-sensing, che monitorano in tempo reale i flussi e avvertono in caso di sovraffollamento.
Semafori anti-selfie, che regolano l’accesso nei punti più fotografati.
Certificazioni ambientali per strutture ricettive sostenibili, che attirano turisti più attenti e favoriscono comportamenti virtuosi.
Decentralizzare per respirare
L’unica vera strategia di lungo periodo è redistribuire il turismo. Promuovere le mete secondarie, come borghi dell’entroterra, parchi naturali, valli rurali, può alleggerire la pressione sulle grandi città e restituire valore alle aree marginali.

Alcuni strumenti hanno già mostrato efficacia come i festival di turismo responsabile che diffondono itinerari sostenibili e comunitari.

Ma per fare la differenza serve un piano nazionale coordinato, che fissi regole condivise, sistemi di monitoraggio, strategie fiscali, promozione integrata tra istituzioni, imprese e cittadini.

Conclusione: governare, non limitare L’overtourism non è un fenomeno da reprimere, ma da governare.
Non possiamo chiudere le porte al turismo, ma dobbiamo aprire la strada a un modo diverso di viaggiare: più consapevole, più rispettoso, più equo.

Il vero lusso del futuro sarà poter visitare un luogo senza calca, vivere un’esperienza autentica, rispettare chi quel luogo lo abita ogni giorno.
E, magari, scoprire che l’Italia più bella è proprio quella che ancora non conosciamo.

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