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Bari, inchiesta sugli appalti per le case popolari, l’ex dg: “Non ho preso tangenti”

Pubblicato da: redazione | Gio, 14 Dicembre 2017 - 10:15

Interrogatorio di garanzia per l’ex direttore generale dell’Arca Puglia, Sabino Lupelli, arrestato la scorsa settimana insieme a due imprenditori, un avvocato e una cancelliera della Procura. Lupelli ha risposto per sette ore alle domande del giudice e della Procura, negando ogni episodio di corruzione contestatogli.

Nell’interrogatorio di garanzia dinanzi alla gip Giulia Romanazzi e alla pm che ha coordinato le indagini, Savina Toscani, l’ex dg Lupelli, difeso dagli avvocati Massimo Roberto Chiusolo e Salvatore D’Aluiso, avrebbe chiarito tutte le presunte vicende illecite ricostruite dall’accusa, spiegando di non aver mai intascato tangenti e nemmeno favorito imprenditori. Come lui, hanno negato di aver pagato tangenti e ricevuto favori gli imprenditori Dante Mazzitelli (interdetto) e Massimo Manchisi (ai domiciliari), mentre il terzo imprenditore coinvolto, Antonio Lecce (anche questi agli arresti domiciliari) si è avvalso della facoltà di non rispondere. Per spiegare l’episodio dell’orologio da 20mila euro – in realtà del valore di 120 euro – regalatogli dall’imprenditore Dante Mazzitelli (difeso dall’avvocato Nicola Quaranta), Lupelli ha anche consegnato in aula l’orologio facendolo acquisire.

Lupelli ha poi ammesso di aver ricevuto buoni benzina, negandone però la correlazione con l’appalto per gli alloggi per studenti. C’è poi la questione delle varianti concesse per i cantieri delle case popolari di Sant’Anna e San Girolamo. Anche in questo caso ha negato di aver ricevuto danaro, spiegando di aver sfavorito la ditta che stava eseguendo i lavori pretendendo un maggiore ribasso.

All’ex dg si contesta, infine, di aver corrotto una cancelliera della Procura tramite l’avvocato Fabio Mesto (anche loro agli arresti domiciliari), promettendole una casa popolare più grande in cambio di informazioni sull’indagine in corso. Su questa vicenda Lupelli e Mesto hanno riferito che il dirigente voleva solo sapere se, dopo la proroga ricevuta a luglio, fosse ancora indagato, perché da quello dipendeva il rinnovo del suo incarico all’Arca.

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