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Taranto, bimbo morì per tumore: a processo dirigenti ex Ilva

L'accusa è di omicidio colposo

Pubblicato da: redazione | Mar, 13 Giugno 2023 - 17:10
Ilva

Omicidio colposo per la morte, nel 2014, per un tumore al cervello, di un bimbo di 5 anni di Taranto. È questa l’accusa decisa dalla Corte d’Appello di Lecce nei confronti di sei persone, in particolare ex dirigenti e dirigenti dell’Ilva, che dovranno essere sottoposti a processo il prossimo 2 ottobre.

La Corte d’Appello, ha accolto il ricorso presentato dal sostituto procuratore, Mariano Buccoliero e dai familiari del piccolo, contro la sentenza di “non luogo a procedere” emessa dal gup Pompeo Carriere il 12 luglio 2022. Secondo l’accusa, gli imputati, consentirono la dispersione di polveri e sostanze nocive con condotte che avrebbero contibuito così a provocare “una grave malattia neurologica” al bimbo.

Al piccolo, Lorenzo Zaratta, soprannominato Lollo, fu diagnosticato un tumore al cervello a soli tre mesi. Nel 2014, il 30 luglio, perse la vita. Secondo l’accusa gli imputati avrebbero consentito “la dispersione di polveri e sostanze nocive provenienti dalle lavorazioni” omettendo “l’adozione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro e malattie professionali”. Queste condotte avrebbero contribuito a provocare una grave malattia neurologica al piccolo che assumeva le sostanze velenose “durante il periodo in cui era allo stato fetale” sviluppando così “una malattia neoplastica” che “lo conduceva a morte”.

Tra gli imputati ci sono l’ex direttore dello stabilimento, Luigi Capogrosso, l’ex responsabile dell’area parchi minerali, Marco Andelmi, il capo dell’area cokerie Ivan Di Maggio e ancora il responsabile dell’area altiforni Salvatore De Felice e infine responsabili delle due acciaierie, Salvatore D’Alò e Giovanni Valentino. Per due imputati, per i quali fu riconosciuto un errore nei capi d’imputazione, non è stato presentato il ricorso. Il prossimo ottobre la Corte si pronuncerà invece in merito all’impugnativa contro l’assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste” di Angelo Cavallo, già responsabile dell’area agglomerato, unico imputato che scelse il rito abbreviato e per il quale, il pm, aveva richiesta una condanna di 2 anni e 4 mesi.

Foto repertorio

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