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Gli ospedali sempre più rosa, le donne medico sono il 54 per cento

Ancora forti criticità nella conciliazione dei tempi vita-lavoro

Pubblicato da: redazione | Sab, 7 Ottobre 2023 - 18:45

Continua ad avanzare l’onda rosa negli ospedali italiani. Le donne medico rappresentano infatti il 54% dei professionisti under-65 ma, nonostante i numeri, la professione medica declinata al femminile presenta ancora, in vari casi, forti criticità nella conciliazione dei tempi vita-lavoro. Dei passi avanti significativi arrivano però dal nuovo contratto della dirigenza medica e sanitaria 2019-2021 appena firmato. Dal part time ai percorsi di carriera, sottolinea Andrea Filippi, segretario medici e dirigenti Ssn di Fp Cgil, “sono previste delle novità che favoriranno in primo luogo proprio le professioniste della sanità”. Un contratto che punta dunque anche ad una maggiore equità di genere, sulla base di numeri che parlano chiaro: secondo una ricognizione Fiaso, il Ssn ha ad esempio la maggior presenza di top manager donne di tutta la pubblica amministrazione italiana con il 18,18% di direttori generali, contro una percentuale che nelle posizioni apicali dello Stato si attesta al 14,4%. E le donne medico, come confermano i dati della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo), costituiscono ormai la parte preponderante della forza lavoro nell’ambito del Servizio sanitario.

Considerando infatti i medici con meno di 65 anni, e dunque sicuramente ancora in attività, il 54% è donna. E la percentuale sale rapidamente al calare dell’età: le dottoresse sono il 57% dei medici sotto i 60 anni e il 60% tra gli under 50. Nella fascia dai 40 ai 44 anni, poi, quasi 2 medici su 3 (il 64%) sono donne. Eppure, il gap di genere non è ancora superato e le donne primario restano poche. In questo quadro, il nuovo contratto rappresenta un passo avanti, spiega Filippi all’ANSA, portando degli elementi di novità importanti. A partire dal part time: “Ad oggi la richiesta è limitata e non supera il 10% tra i medici del Ssn, ma tra i richiedenti il 90% sono donne. Un freno era rappresentato finora dalla prevista decurtazione del 50% sulla voce dell’indennità di esclusività, che sul totale dello stipendio pesava dai 600 ai 1000 euro al mese. Questo aspetto è stato anche motivo di numerosi ricorsi sostenuti dalla Cgil a favore principalmente delle donne”.

Con le nuove norme, sottolinea, “tale decurtazione è stata eliminata e questo credo che faciliterà l’utilizzo del part time andando incontro soprattutto alle donne medico, per le quali questa modalità spesso si rende necessaria per motivi familiari”. Altro nodo è quello della carriera. Negli ultimi 20 anni, chiarisce Filippi, “le aziende ospedaliere, anche per inerzia, raramente hanno proceduto all’assegnazione degli incarichi all’interno dei reparti. Gli incarichi da assegnare ai singoli professionisti, previsti contrattualmente, oltre ad implicare una maggiore remunerazione rappresentano anche degli step necessari per un percorso di carriera. La novità del nuovo contratto è che prevede una tempistica precisa per la loro assegnazione, limitando la discrezionalità delle aziende. E’ chiaro che questa norma, pur interessando tutti i medici, avrà una ricaduta positiva soprattutto sulle donne medico per le quali le opportunità di carriera non sono sempre al pari dei colleghi uomini”. Inoltre, “ci batteremo perchè le sostituzioni di maternità, già previste, vengano effettivamente fatte. Ciò affinchè la prospettiva della maternità di una professionista non rappresenti un ostacolo al momento della selezione da parte dell’azienda”. Insomma, l’obiettivo, rileva il leader sindacale, è “riequilibrare i diritti”. E a tal fine anche il linguaggio è importante: “Per questo, abbiamo proposto che a partire dai prossimi contratti si utilizzi un linguaggio di genere”, dice Filippi. Ciò vuol dire, ad esempio, parlare di medici e mediche, di dirigente uomo e dirigente donna. Non è una questione secondaria, “perchè è proprio partendo dal linguaggio – conclude il sindacalista – che si inizia a dare un riconoscimento alle pari opportunità”.

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