Parafrasando il titolo del celebre film di Lino Banfi, si può affermare che questo Bari di Fabio Caserta somiglia sempre più a un’armata Brancaleone senza né capo né coda con un allenatore in confusione totale. Siamo ormai giunti alla dodicesima gara di campionato e questa squadra non ha ancora dimostrato di avere un gioco e, soprattutto, una propria identità: continui cambi di modulo e uomini, assenza totale di schemi e tanta, tantissima confusione, con calciatori che sembrano non sapere cosa fare.
Per carità, sarebbe ingiusto oltre che inopportuno, scaricare tutte le colpe solo sull’allenatore, perché questa rosa presenta comunque delle lacune e diversi giocatori non stanno rendendo come ci si aspettava. L’impressione è che, comunque, non si tratti di un organico da zona retrocessione: i calciatori di un certo valore ci sono, soprattutto a centrocampo e in attacco. Tuttavia i numeri parlano chiaro: il Bari ha incassato 19 reti ed è la quartultima difesa del torneo. Non benissimo neppure il reparto avanzato, quintultimo con 13 gol all’attivo, nonostante la buona vena realizzativa di Moncini e Gytkjaer.
Tornando a Fabio Caserta, è da mesi che dimostra di non aver trovato il bandolo della matassa, ma nell’ultima gara contro il Frosinone ne ha combinate di tutti i colori. Ha fatto marcare l’esterno offensivo più estroso della Serie B (Ghedjemis) ad Antonucci, uno che di mestiere dovrebbe fare l’attaccante, costringendo Nikolaou a uscire continuamente dalla propria posizione e creando voragini nella zona centrale della difesa. Per non parlare del cambio senza senso a inizio ripresa con l’uscita di Gytkjaer e l’ingresso di uno spaesato Partipilo, schierato addirittura da punta centrale. E del centrocampo iniziale, con il povero Verreth costretto a lavorare per due, senza nessuno a fare filtro, mentre Pagano aveva l’arduo – e improbabile – compito di aiutare Antonucci sull’out sinistro. A ciò si aggiunge la malsana idea di schierare una difesa a tre contro un Frosinone abilissimo nel gioco sugli esterni, puntando sul rientrante Vicari, in evidente ritardo di condizione e tra i peggiori in campo.
Ma ciò che lascia ancor più basiti sono le dichiarazioni a fine partita dell’ex tecnico del Catanzaro: sentir parlare di “cose da limare” o di squadra che “lavora benissimo in settimana” fa storcere il naso, perché a fine novembre non si può ancora discutere di squadra da trovare o di sistema di gioco “relativo”. Per non parlare della poca personalità che il tecnico biancorosso mostra davanti ai microfoni e in panchina. Sia chiaro (e va ribadito): Caserta è solo uno dei colpevoli di questa situazione, perché le responsabilità maggiori sono a monte, con una dirigenza poco presente e presuntuosa e una proprietà che vive alla giornata, come se aspettasse i titoli di coda.
Intanto la tifoseria organizzata è tornata a farsi sentire, affiggendo striscioni molto eloquenti all’esterno dello stadio San Nicola: nel mirino il direttore sportivo Magalini e lo stesso Caserta, invitati – non certo con garbo – a lasciare il capoluogo pugliese. Per il momento tutto tace in strada Torrebella e la posizione di Caserta appare salda, probabilmente per i risultati ottenuti prima del capitombolo contro il Frosinone. Risultati arrivati con molta fortuna e per assoluta casualità. Una società meno miope sarebbe senza dubbio intervenuta, sostituendo un allenatore ormai…nel pallone!
Foto Ssc Bari