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Emanuele, l’archeologo di Bari in Polonia: “La burocrazia italiana ti impedisce di sognare”

Pubblicato da: Francesca Romana Torre | Dom, 28 Maggio 2017 - 12:00

Una burocrazia pesante e una terra arida per i propri sogni e le proprie passioni. Questa è la percezione dell’Italia per i ragazzi che decidono di lasciarla, per cercare la propria realizzazione all’estero. Non fa eccezione Emanuele Zampetta, classe 1989, laureato in Beni archeologici all’Università Aldo Moro di Bari e da qualche tempo residente in Polonia, dopo un periodo in Veneto.

Emanuele si è scontrato con la realtà nostrana sin dai primi anni di studio universitario. “Anni fa, dopo essermi scontrato con la burocrazia locale legata alla sfera universitaria e lavorativa – racconta – iniziai ad informarmi su eventuali corsi di laurea magistrale all’estero” “L’anno scorso ho trovato quella che sembrava una buona opportunità di lavoro in Veneto: la paga era decente ma faceva a pugni con il costo della vita locale, gli orari di lavoro non mi permettevano di avere una vita sociale e l’ambiente lavorativo non era affatto stimolante. Così, quando mi è stato proposto di partecipare ad uno SVE (Servizio di Volontariato Europeo) durante le mie ferie di agosto, l’anno scorso, non ci ho pensato due volte: soffocato da questa nebbia italica mi sono imbarcato in questa avventura senza pensarci due volte”.

Com’è la sua vita in Polonia?

La mia vita qui in Polonia, a Łódź, è una vera e propria boccata di aria fresca.
Nonostante ciò che sto svolgendo sia un “volontariato”, la Commissione Europea garantisce un alloggio senza alcuna spesa, in aggiunta ad un salario più che sufficiente a garantirsi cibo e svaghi di ogni sorta. Per intenderci, guadagno circa un quinto dello stipendio medio, ma non devo pagare trasporti pubblici (è sempre coperto dal progetto), affitto o tasse di alcun tipo. Le preoccupazioni in questo senso sono quasi assenti, devo solo essere accorto nello spendere i miei “pocket money” mensili.

Che differenze riscontra rispetto a Bari?

Il popolo polacco presenta poche differenze con quello italiano, nel bene e nel male; ad essere sincero proprio per questo non ho vissuto il classico trauma culturale tipico di chi va a vivere all’estero, anche perché l’Italia ha spesso influenzato la cultura della Polonia: non dimentichiamo che la duchessa Bona Sforza di Bari sposò il reggente della Polonia nel XVI secolo, integrando molti nostri elementi culturali.
Infine devo ammettere che il governo attuale è davvero controverso. Non mi dilungherò al riguardo per non sbilanciarmi, ma invito tutti ad informarsi presso fonti più attendibili.
In definitiva posso tranquillamente dire che qui funziona tutto a dovere. Questa nazione è in crescita perché vuole crescere, anche se tra mille difficoltà, e questo è stupefacente se si pensa a cosa era ridotta la Polonia dopo l’occupazione sovietica (soltanto una trentina di anni orsono). Mi piace pensare che se qualcosa non funziona nella macchina burocratica polacca, beh, almeno loro hanno una buona scusa.

Andarsene: un piacere o una necessità?

Andarsene ormai è un misto di piacere e necessità. Siamo sinceri: restare in Italia è possibile e richiede mille sacrifici. Tutto sta nel capire quanto si voglia dare via per un sogno che, alla lunga, potrebbe realizzarsi ma in maniera spesso deviata ed esacerbante.

Che consigli darebbe a chi vuole fare un’esperienza simile alla sua?

Se si ha desiderio di andare a vivere in un altro Paese, lo SVE è a mio modesto parere il metodo migliore per iniziare: in questo modo si può sperimentare una vita pienamente integrata nella società scelta, focalizzando la propria attenzione sul modello di vita proposto senza dover perdere la testa dietro alla burocrazia locale (di ciò se ne occuperà l’organizzazione ospitante); inoltre in progetti come questo si lavora seguendo le proprie passioni e i propri talenti: in questo modo i contatti di lavoro verranno quasi da sé, permettendo al singolo individuo di iniziare a progettare seriamente una permanenza lavorativa nella nazione scelta.

Vorrebbe restare a vivere in Polonia?

Sinceramente no. Molti di noi hanno già scelto di restare alla fine del progetto, trovando lavoro e sistemazione assicurati. Personalmente voglio continuare a girare il mondo, in sostanza perché non voglio accontentarmi. Probabilmente proverò la Danimarca, ma quasi sicuramente non resterò in Italia per tutta la vita. Tuttavia non escludo mai questa possibilità, seppur remota, ed invito tutti a fare lo stesso.

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