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Bari, reclutavano immigrati al Cara per trasferirli illegalmente nel nord Europa: giro d’affari da 9 milioni di dollari

Pubblicato da: redazione | Ven, 22 Giugno 2018 - 15:12
(foto Dario Ginefra)

Il gup del Tribunale di Bari Giovanni Anglana ha condannato a pene comprese fra i 5 anni e 3 mesi e i 18 mesi di reclusione quattro cittadini somali accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla permanenza illegale di migranti irregolari nel territorio dello Stato e al successivo ingresso in Paesi esteri, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina a scopo di lucro, uso di documentazione falsa ed esercizio abusivo dell’attività bancaria.

La sentenza è stata emessa al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato. Nei confronti di altri 15 imputati è attualmente in corso il processo di primo grado con rito ordinario. Stando alle indagini di squadra mobile e Digos, coordinate dalla Dda di Bari, gli imputati aspettavano gli sbarchi dei migranti somali, li reclutavano nei centri di accoglienza siciliani e pugliesi e poi ne organizzavano illegalmente il trasferimento nel nord Europa, al costo di 900 dollari per migrante in cambio di un pacchetto che comprendeva documenti falsi, vitto, alloggio, abiti puliti e biglietti per il viaggio.

A capo della presunta organizzazione criminale c’era – secondo le indagini – il 33enne somalo Ismail Olhaye Hussein (condannato a 5 anni e 3 mesi), titolare di due agenzie di money transfer a Bari mascherate da associazioni culturali per servizi a migranti. Secondo la magistratura barese, l’organizzazione aveva messo in piedi una vera e propria “agenzia di servizi illegale” con osservatori inviati nei Cara per prendere i migranti, definiti “selvaggi”, altri sodali che si occupavano di reperire i documenti falsi e altri ancora incaricati dei trasferimenti di centinaia di migranti, soprattutto minorenni, diretti in Gran Bretagna, Svezia e Germania.

Il giro di affari stimato si aggira intorno ai 9 milioni di dollari e per il trasferimento di denaro dall’Africa veniva utilizzato il sistema dell’hawala informatica, che consente trasferimenti di somme difficilmente tracciabili. Nel corso delle indagini, coordinate dai pm Giuseppe Gatti e Renato Nitti, sono emersi inoltre contatti attraverso Facebook e altri social network fra alcuni componenti dell’organizzazione criminale e soggetti ritenuti filo jihadisti, vicini al gruppo terroristico somalo Al Shabaab, su cui sono ancora in corso accertamenti.

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