La Puglia tra le prime tre regioni d’Italia per l’accesso e la diffusione della contraccezione. Il dato, che stride con una situazione nazionale di generale arretratezza, fa riferimento all’ultimo Atlante europeo della contraccezione stilato da Aidos e pubblicato in esclusiva da Internazionale.
Un rapporto in cui appare chiaro il divario tra la nostra nazione – che si colloca al 26° posto della classifica, su 45 paesi europei presi in esame – e paesi come il Regno Unito, la Francia e la Spagna, che registrano una performance nettamente migliore. L’arretratezza italiana in questo ambito, causata dalla mancanza d’informazioni istituzionali sulle tecniche contraccettive e dalla quasi totale assenza di politiche per il rimborso dei contraccettivi o per la loro distribuzione gratuita, varia da regione a regione, in relazione ai diversi piani adottati dai consigli regionali.
In un generale divario tra un Settentrione d’Italia in cui si registra una migliore facilità d’accesso e di informazione e un Sud dal passo decisamente più lento, eccezione in positivo è rappresentata proprio dalla Puglia che, subito dopo l’Emilia Romagna e la Toscana, è al terzo posto della classifica italiana sul tema, con un indice del 72% di accesso ai metodi contraccettivi. Primato assoluto, invece, per la distribuzione gratuita di questi ultimi, a seguito di un piano adottato nel 2008 con cui la Puglia è stata la prima regione italiana a distribuire gratis contraccettivi come l’anello vaginale e altri metodi ormonali, alle donne di meno di 24 anni. A fare, infatti, la differenza nel comportamento degli italiani riguardo la pianificazione delle gravidanze e l’utilizzo di metodi anticoncezionali, sembra essere soprattutto il costo degli stessi contraccettivi.
Secondo i dati Istat, nonostante un maggior ricorso a metodi moderni (soprattutto pillola e preservativo), “non si può ancora affermare che in Italia sia stata compiuta in modo definitivo la rivoluzione contraccettiva”. Il coito interrotto è, tuttora, il terzo metodo più usato per evitare una gravidanza (circa il 20% dei casi) e ciò proprio a causa dell’alto costo dei contraccettivi e la loro difficile reperibilità. Internazionale precisa che “una confezione di profilattici può costare fino a 15 euro, mentre il diaframma costa circa quaranta euro, ma è ormai difficile da acquistare. Una spirale può arrivare a costare fino a quattrocento euro: esistono delle strutture che la forniscono gratuitamente, ma la maggior parte dei consultori non offre questo servizio”.
Non sfugge a questa analisi anche la pillola ormonale, classificata in fascia C dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), quindi completamente a carico delle donne, anche nei casi di assunzione terapeutica. Dall’esame dei dati dello Studio nazionale Fertilità emerge, infine, una grossa difficoltà per i giovani ad informarsi sul tema: l’89% dei ragazzi e l’84% delle ragazze italiane cerca su internet informazioni riguardanti la salute sessuale e riproduttiva; i consultori sono poco conosciuti, il 68% dei ragazzi e il 76% delle ragazze non si è mai rivolto a queste strutture, pubbliche o private. La partecipazione a corsi o incontri sul tema della sessualità al Sud è pari al 33%, decisamente inferiore a quella nel Nord, 78%. Per questa ragione, a margine dell’analisi, il rapporto Aidos lancia delle raccomandazioni che vertono, soprattutto, ad un maggiore sostegno ai consultori, che dovrebbero essere molti di più – uno ogni ventimila abitanti, a fronte del dato attuale di uno ogni trentacinquemila – e maggiormente sostenuti al livello economico e culturale. Fortemente consigliata, inoltre, l’introduzione di nuovi programmi di educazione sessuale nelle scuole.
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