Nei dieci anni di mandato di Antonio Decaro alla guida della città ci sono progetti che non sono mai stati realizzati. Piani presentati più volte ma che i cittadini attendono e che ora sarà compito del neo sindaco Vito Leccese portare avanti. A cominciare dal restauro di piazza Umberto: progetto per il quale sono stati anche stanziati più fondi (in totale 6 milioni di euro) e che porterà a ridare dignità ad una delle piazze storiche della città ormai in uno stato di profondo degrado. I lavori sono stati più volte annunciati, ma a causa anche delle tempistiche Pnrr che hanno portato a dare priorità ad altri progetti, piazza Umberto è lì, ancora ad attendere, tra le proteste dei residenti e dei commercianti.
Ci sono poi i cantieri Pnrr, alcuni già partiti come i primi due lotti di Costa Sud, altri ancora in attesa come il parco della Rinascita nell’ex Fibronit, la pedonalizzazione in via Manzoni, il restyling di via Argiro, i nuovi asili nido, solo per citarne alcuni. Ci sono i mercati come l’ex Manifattura o quello di Carbonara che sono in attesa di ristrutturazione da anni ormai. Ed ancora il famoso “pug”, il piano regolatore mai portato dalla giunta Decaro in Consiglio comunale. Decaro ha sempre difeso la sua decisione di non portare il Pug presentando gli altri progetti avviati, in particolare il piano urbanistico Costa Sud, approvato in Consiglio comunale e che prevede lo spostamento delle volumetrie da zone “periferiche” e dalla costa in modo da non fare nascere nuovi quartieri satelliti (come è successo ad esempio per San Pio o Sant’Anna) a zone più centrali.
Leccese avrà a che fare anche con i grandi contenziosi, come Punta Perotti, i cui suoli sono stati inseriti nel lotto 1 di Costa Sud e sul quale pendono ben sei ricorsi (domani in Consiglio si discuterà proprio dei lotti 1 e 3 per l’approvazione del progetto di fattibilità e del vincolo preordinato all’esproprio) e il teatro Petruzzelli.
Si attende la decisione della Cassazione che delibererà sui ricorsi e controricorsi presentati sia dalle istituzioni sia dalla famiglia Messeni Nemagna. Da una parte gli enti che hanno impugnato le sentenze della Corte di appello per la parte che riguardava il riconoscimento della proprietà privata del bene e dall’altra i proprietari che si sono opposti all’obbligo di pagare 43 milioni di euro allo Stato come risarcimento per l’avvenuta ricostruzione.