Gli stipendi degli infermieri italiani restano tra i più bassi d’Europa, sia in termini assoluti, sia rispetto al costo della vita. Una condizione che rende la professione “sempre meno attrattiva per le nuove generazioni”. Lo evidenzia la Fondazione Gimbe, rilevando che nel 2022 la retribuzione annua lorda di un infermiere italiano era di 48.931 dollari a parità di potere di acquisto, ben 9.463 dollari in meno rispetto alla media Ocse ($ 58.394). In Europa, stipendi più bassi si registrano solo nei paesi dell’Europa dell’Est come Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, oltre a Grecia e Portogallo. La crisi è anche aggravata dal fatto, avverte Gimbe, che ci sono troppi pochi laureati per compensare l’emorragia: nel 2022 in Italia si sono laureati solo 16,4 infermieri ogni 100.000 abitanti, a fronte di una media Ocse di 44,9. Un “divario drammatico – afferma il presidente Nino Cartabellotta – che conferma l’assenza di un serbatoio professionale”. Di contro, il progressivo invecchiamento della popolazione italiana rappresenta un’imponente sfida assistenziale per il Ssn e genera, afferma Gimbe, un aumento della domanda di infermieri. Nel 2024, gli over 65 rappresentavano il 24,3% della popolazione (14,4 milioni) e gli over 80 il 7,7% (4,5 milioni).
Secondo le previsioni Istat, entro il 2050 gli over 65 saliranno al 34,5% (18,9 milioni) e gli over 80 al 13,6% (7,5 milioni). Il rischio concreto, sottolinea Cartabellotta, è che, “in assenza di una dotazione adeguata di personale, il crescente squilibrio tra bisogni e offerta finisca per vanificare gli investimenti del Pnrr, che punta proprio sugli infermieri per la riorganizzazione dell’assistenza territoriale”. Infatti, secondo Agenas, per garantire il pieno funzionamento di Case di Comunità e Ospedali di Comunità e per dare concreta attuazione all’assistenza domiciliare, serviranno un numero di Infermieri di Famiglia o di Comunità compreso tra 20 e 27 mila. “La profonda crisi che investe il personale infermieristico – conclude Cartabellotta – impone un piano straordinario per la professione. Accanto ad un aumento salariale, è fondamentale intervenire a livello regionale e locale con misure di welfare mirate: alloggi a costi calmierati, agevolazioni per trasporti pubblici e parcheggi. Sul versante organizzativo, occorre garantire sicurezza sul lavoro e rivedere profondamente l’impianto operativo”.