I farmaci a lunga azione (una singola iniezione ogni due mesi) si confermano vincenti nel trattamento e nella prevenzione dell’Hiv, migliorando l’aderenza alle terapie e offrendo nuove opportunità soprattutto per le popolazioni più vulnerabili. E’ il quadro emerso alla Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections a San Francisco. Diversi studi mostrano infatti l’elevata persistenza dei farmaci long acting in trattamento e profilassi Pre-Esposizione (PrEP). Permane il problema di una diffusione limitata di questi farmaci in Italia: il tasso di penetrazione della terapia long acting si avvicina ad appena il 10% nei centri più attrezzati, rimanendo marginale in molti altri.
“La somministrazione della terapia long acting, un’iniezione intramuscolare ogni due mesi di Cabotegravir Rilpivirina, è entrata nella gestione quotidiana dei centri di malattie infettive in Italia ed è destinata a diventare il nuovo standard terapeutico – spiega Antonella Castagna dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano -. Lo studio Cares (durato 96 settimane su giovani donne in Africa) mostra che l’approccio long acting è di grande successo, con percentuali di successo virologico superiori al 95% e solo quattro fallimenti virologici”. Inoltre la terapia e la PreP long-acting “sono approcci validi per raggiungere le popolazioni in cui l’aderenza rappresenta una sfida maggiore: donne, homeless, persone transgender, migranti”, aggiunge Castagna.