Negli ultimi anni l’agricoltura pugliese ha imparato a fare i conti con due parole difficili: siccità e Xylella. Eppure, nonostante queste sfide, alcune filiere storiche della regione — dall’olivo al pomodoro fino alla vite — stanno registrando miglioramenti di produttività grazie all’adozione di tecniche innovative, tecnologie di irrigazione mirata e progetti di ricerca applicata.
Il colpo più duro è stato quello della Xylella, che ha trasformato vaste aree del Salento e ha avuto impatti economici pesanti sulle aziende olivicole. Tuttavia, la gestione, il contenimento e la ricerca stanno facendo da argine alle perdite peggiori, nonostante la diffusione del batterio in altre province pugliesi. Parallelamente, molte aziende che hanno investito in rinnovo degli impianti, innesti resistenti e sistemi di monitoraggio hanno cominciato a vedere segnali di ripresa.
La siccità, accentuata dagli eventi climatici estremi, ha invece rimesso al centro la questione dell’acqua: dove c’è accesso all’irrigazione efficiente e dove si applicano tecniche di fertirrigazione di precisione, le colture hanno tenuto meglio e in certi casi hanno aumentato la produttività. Progetti regionali e pilot in campo promuovono l’agricoltura di precisione — sensori di umidità del suolo, centraline meteo, sistemi a goccia ottimizzati e gestione dei dati — offrendo strumenti concreti per usare meno acqua e ottenere rese maggiori. Queste pratiche stanno diventando prioritarie soprattutto nelle province più esposte alla scarsità idrica.
Secondo un studio dell’Univeristà di Bari, nel comparto dell’olivo alcune aree hanno dimostrato resilienza grazie all’adozione di pratiche colturali moderne e al ricorso a tecniche di sanità integrata; tuttavia il conto economico della malattia resta rilevante per il territorio salentino, con impatti misurabili sulla redditività aziendale. Allo stesso tempo, la filiera dell’olio che ha saputo rinnovare gli impianti e puntare sulla qualità ha visto segnali positivi in termini di produzione e valore.
Per il pomodoro da industria — pianta strategica in particolare nella provincia di Foggia — la disponibilità di acqua è risultata spesso discriminante tra annate positive e annate deludenti: dove è stato possibile attivare irrigazione mirata e gestione puntuale delle risorse idriche, le rese sono rimaste competitive; dove invece l’acqua è mancata, si sono pagate perdite significative. In Puglia, inoltre, si registra un progressivo affermarsi di pratiche per migliorare la qualità e la sostenibilità del prodotto, accompagnate da iniziative per ottenere riconoscimenti di denominazione d’origine per alcune lavorazioni.
Il settore vitivinicolo, secondo i dati ISTAT, ha invece mostrato segnali incoraggianti: la produzione e le superfici vitate in Puglia hanno tenuto, con qualche incremento in annate favorevoli e un’attenzione crescente a pratiche di gestione sostenibile della vigna che migliorano la resa e la qualità. L’abbinamento tra ricerca agronomica, investimenti in sistemi di supporto alle decisioni e una maggiore attenzione ai mercati ha contribuito a rendere la filiera più performante.
Dal punto di vista territoriale alcune province emergono come più “virtuose”: Foggia, per la forte concentrazione di coltivazioni orticole e di pomodoro da industria. L’esperienza dimostra che la combinazione tra investimento tecnologico, supporto pubblico e cooperazione tra aziende è spesso la leva che trasforma la vulnerabilità in opportunità di crescita. Non mancano però i caveat: molte realtà agricole sono di piccola dimensione e non sempre hanno risorse per investimenti tecnologici; la gestione della risorsa idrica rimane un nodo politico e infrastrutturale; e la lotta alle fitopatie come la Xylella richiede azioni coordinate e risorse continuative. Per questo, oltre agli interventi in campo, servono politiche regionali che incentivino la diffusione delle tecnologie e sostengano economicamente le aziende che adottano pratiche resilienti.
In conclusione, il quadro pugliese non è monolitico: sofferenze e rischi coesistono con spinte all’innovazione. Dove arrivano tecnologia, formazione e progetti pubblici/privati di supporto, le filiere tradizionali — olio, pomodoro e vino — mostrano una ritrovata capacità produttiva e commerciale. Molto dipenderà dalla capacità di allargare questi casi virtuosi e di mettere in rete conoscenze, infrastrutture idriche e strumenti di monitoraggio per tutto il territorio regionale.