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“Non c’è prova che gli operai si sono ammalati in fabbrica”: la Procura archivia l’inchiesta sulla Bridgestone

Pubblicato da: Vincenzo Damiani | Mer, 22 Marzo 2023 - 11:28
Tribunale civile

La Procura di Bari ha chiesto l’archiviazione, la seconda, dell’inchiesta nei confronti degli ex amministratori dello stabilimento Bridgestone di Bari accusati di omicidio colposo e lesioni personali colpose per violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. L’indagine penale fu aperta dopo la morte di 17 ex lavoratori e l’ammalarsi di altri sei. Le famiglie delle vittime, però, hanno impugnato il provvedimento opponendosi all’archiviazione.

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Alla base della richiesta della Procura, a firma del pm Grazia Errede, c’è la considerazione che “né le acquisizioni documentali, né gli accertamenti svolti dai periti nell’incidente probatorio consentono di ritenere acquisiti elementi che consentano di correlare le patologie insorte con l’esposizione lavorativa agli agenti chimici pericolosi”. Tra l’altro, spiega la Procura, “è ormai spirato il termine per ulteriori utile attività investigativa”. “Amara e deludente considerazione, – commenta nell’opposizione l’avvocato Emanuela Maria Sborgia che difende oltre una decina di vittime – i cui effetti nefasti si ripercuotono inevitabilmente sulle persone offese, atteso che i quattro pm che si sono avvicendati nell’espletamento delle indagini preliminari hanno impiegato ben nove anni per concluderle”.

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L’inchiesta è stata avviata nel 2007, dopo quattro anni fu depositata una prima richiesta di archiviazione e il gip dispose nuove indagini. La Procura, quindi, chiese un incidente probatorio. I periti nominati dal giudice hanno ritenuto che nello stabilimento Bridgestone di Bari c’è stato per 50 anni un “rischio significativo” di esposizione a sostanze nocive e, tuttavia, non risulterebbe “certo il nesso causale tra le patologie sofferte e l’esposizione professionale ad asbesto”. I periti evidenziavano soltanto in tre casi (due decessi per leucemia e uno per linfoma gastrico) la possibilità di un nesso causale tra le patologie e l’attività professionale. Per tutti gli altri rilevavano diversi fattori di rischio, primo fra tutti il tabagismo. Sette di loro, infatti, sono morti per neoplasie polmonari ma tutti risultavano fumatori (in alcuni casi fino a 40 sigarette al giorno).

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