Il gup del Tribunale di Bari Francesco Pellecchia ha condannato a pene comprese fra i 14 anni e i 2 anni e 8 mesi di reclusione sei presunti affiliati al clan Diomede di Bari, fra i quali il boss Franco Diomede, accusati di decine di estorsioni ai commercianti del quartiere Carrassi. Nei confronti di tutti, il giudice ha riconosciuto l’aggravante mafiosa.
La sentenza è stata emessa al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato. Gli imputati, in solido fra loro, sono stati condannati anche al risarcimento danni nei confronti delle costituite parti civili, il Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, il Comune di Bari, la Fai (Federazione delle associazioni Antiracket Italiane) e sette commercianti vittime delle estorsioni.
Gli episodi contestati risalgono agli anni 2013-2016. I pregiudicati imputati, stando alle indagini della Dda di Bari, avrebbero imposto ai commercianti forniture e avrebbero fatto la spesa per anni senza pagare in pescheria, dall’ottico e da una decina di diversi negozi. Tra le vicende accertate a carico del boss c’è anche l’aver preteso e ottenuto l’assunzione nella cooperativa incaricata dall’Amiu (azienda municipalizzata barese che gestisce l’igiene urbana e la raccolta rifiuti) della pulizia dei bagni pubblici.
In particolare il gup ha condannato il boss Franco Diomede, ritenuto responsabile di 14 estorsioni, alla pena di 14 anni di carcere e 9.600 euro di multa, Giovanni Sedicina a 6 anni e 4 mesi di reclusione e 5mila euro di multa per quattro estorsioni, Marco Novelli a 4 anni e 8 mesi e 1.600 euro di multa per tre estorsioni, Cosimo Zaccaro a 4 anni e mezzo di carcere e 1.600 euro di multa, Domenico Siciliano alla pena di 3 anni di reclusione e 800 euro di multa, Francesco Ungredda a due anni e 8 mesi e 2.400 euro di multa, tutti accusati di un episodio di estorsione.