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Puglia, dagli operai ex Om agli operatori della casa di riposo Vittorio Emanuele II: l’amaro Natale di chi rischia il lavoro

Pubblicato da: Gino Martina | Lun, 25 Dicembre 2017 - 19:00

Il destino dei lavoratori dell’ex Om Carrelli di Bari che concede poco spazio alla speranza di ritornare tra i capannoni della zona industriale di Modugno. Quello dei dipendenti Natuzzi reintegrati dal giudice legato a un accordo che prevede il riavvio dello stabilimento di Ginosa. E quello dei lavoratori Ilva (e del suo indotto) in balia di investitori e Governo che provano a risparmiare risorse sulla tutela dell’ambiente e della salute. E’ un Natale con sorrisi appena accennati quello vissuto dai protagonisti delle vertenze più complicate del territorio. A loro si aggiungono i lavoratori dei call center sfruttati come macchine, indotti a trasferirsi altrove (Transcom) e mal pagati, i tanti precari in cerca di futuro certo o quelli della casa di risposo Vittorio Emanuele II costretti a superare le feste con le briciole di un acconto sul salario del mese di ottobre. E ancora i tanti braccianti delle campagne non stabilizzati se non ridotti alla semi schiavitù da imprenditori legati unicamente al profitto e caporali al loro servizio, per garantirsi guadagni e galleggiare in un sistema che produce sfruttamento e corsa a prezzi al ribasso.

In una fase definita post crisi, la crisi di un mercato non più in grado di garantire espansione c’è ancora e continua a mietere diseguaglianze, nuove povertà, emarginazione e lavoro precario, non tutelato o mal pagato. Un meccanismo che vede i sindacati in difficoltà nel dare risposte a lavoratori spesso in concorrenza tra loro o indotti a rinunciare a fette di diritti per poter stare sul mercato e garantirsi da vivere. A ciò si aggiungono le migliaia di disoccupati che non trovano accesso al mondo del lavoro.

Così, almeno in parte, si spiegano crisi come quella della ex Om, nella quale operai, impiegati e famiglie hanno dovuto confrontarsi con multinazionali (Kion) che chiudono, per ottimizzare i propri profitti grazie ad altri stabilimenti in Europa (e nella stessa Italia), e investitori spregiudicati, in grado di arrivare a fornire piani industriali, contratti, buone relazioni con gli enti pubblici, richieste di accesso a incentivi e finanziamenti, pubblici anch’essi, per poi sparire sul più bello o far emergere situazioni fallimentari pregresse. Per i circa 200 lavoratori sarà un Natale di sospiri di sollievo, dovuti alla concessione della proroga della cassa integrazione in deroga arrivata in extremis, e fiato sospeso per l’incertezza che li accompagnerà per un altro anno, dopo aver avuto tra le mani le componenti con cui hanno costruito la minicar elettrica e le lettere di assunzione.

Fiato sospeso che non abbandonerà invece i lavoratori della Natuzzi, fino al riavvio concreto dello stabilimento di Ginosa, quelli dell’Ilva, per una vertenza legata all’impatto sull’ambiente dell’acciaieria destinata a durare ancora lungo, o per quelli della casa di riposo barese: nei giorni scorsi la cooperativa che gestisce la struttura aveva avviato l’iter per la messa in mobilità e i potenziali  licenziamenti, venerdì 29 dicembre, passati pranzi, cene e lavoro di Natale, sciopereranno.

 

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