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Gazebo a Bari vecchia, scade la moratoria: via quelli ingombranti, tre attività a rischio chiusura

Pubblicato da: Daniele Leuzzi | Lun, 9 Settembre 2019 - 16:00
gazebo bari vecchia

Nuovo regolamento per la rimozione dei gazebo “troppo grandi”  e applicazione della “zona marrone” che comporterebbe la chiusura di almeno tre attività commerciali a Bari vecchia o in zone “super vincolate”. Sono questi i temi al centro dell’incontro tra i commercianti baresi, anche dal quartiere Murat e Torre a Mare uniti nell’associazione “We are in BariVecchia”, che si sono incontrati nell’auditorium di Santa Teresa dei Maschi per decidere una linea comune in vista del 21 settembre. Il giorno in cui scadono i tempi della moratoria concessa da Sovraintendenza e Comune di Bari per l’occupazione di suolo pubblico.

Ma una parte dei commercianti ha deciso di procedere d’anticipo sui tempi previsti per la riscrittura del regolamento cittadino: dopo le multe alcuni di loro hanno deciso di smontare i gazebo come in piazza del Ferrarese dove alcune caffetterie non sono più circondate da vetrate e strutture in metallo intorno ai tavolini sulle chianche del borgo antico (foto in basso).

La preoccupazione riguarda l’eventuale applicazione del nuovo regolamento che renderebbe illegali le strutture esterne dei locali: “Non possiamo permettere di gettare ombrelloni e materiale che è constato fino a 25 mila euro. Contestiamo la norma del regolamento del 2011 che ci imporrebbe di rimuovere tutto alla chiusura. Così ci uccidono”, commenta il rappresentante dell’associazione, Gianni del Mastro.

Il secondo pericolo per i commercianti è rappresentato dalla zona marrone, cioè quei locali commerciali che occupano spazi prospicienti a zone di pregio protette dal Ministero. “Vogliamo difendere il lavoro di 25 persone, siamo una realtà importante e cercheremo di salvaguardare i loro interessi prima dei nostri”, commenta Antonio Mirenda, direttore di Martinucci. Anche sul lungomare sud a Torre a Mare cresce il timore di ulteriori sanzioni: “Ci hanno tolto le strutture con norme che non tengono conto delle reali necessità di noi operatori. Qui si rischia la chiusura”, aggiunge Maurizio Cinquepalmi, Cambusa.

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