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Giorgio Gaber, il signor G.

Pubblicato da: Ylenia Bisceglie | Dom, 21 Novembre 2021 - 14:00

Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Destra – Sinistra”   Eclettico, al di là di ogni etichetta, al di là di ogni genere. Giorgio Gaber non è solo un cantautore ma un’artista sui generis.  Gaber è il suo alter ego, il Signor G. 

Ma cosa significa davvero questo nome? È il 1970 e con il brano “Il Signor G nasce”, nasce anche il suo personaggio. Attraverso prosa alternata a dialogo e canzone, Gaber racconta di un uomo, fragile, a volte confuso, a volte impegnato, a volte “non so”; racconta di un uomo pieno di contraddizioni proprio come la società in cui vive, come la politica. Il Signor G rappresenta l’uomo moderno, la sincerità. Quella G sta proprio per “gente”. Sì, perché il Signor G infondo è un signore come tutti e come Gaber, sempre in bilico tra un desiderio di cambiamento e lo scontro con quella che è la realtà della società. 

Gaber crea quello che oggi è noto come il Teatro Canzone: una semplice sedia, qualche luce e la parola, unica vera protagonista di tutto lo spettacolo. Nel Teatro Canzone vi è un’alternanza di canzoni e monologhi o, più precisamente, di parti cantate e recitate, la prosa è definita dallo stesso Gaber e da Luporini, artista e amico di Giorgio, “d’evocazione”. D’evocazione perché senza oggetti ne tantomeno persone in scena, l’attore fa vivere al pubblico intere storie, come se stessero accadendo proprio lì, in quel momento, davanti ai loro occhi. 

Il Signor G sceglie il teatro per potersi esprimere più liberamente e scappare dalla censura e dalle ingerenze della televisione. 

La libertà è un tema, infatti, a lui tanto caro e ce lo racconta nell’omonima canzone. “La libertà” è uno dei suoi più belli e famosi brani, è simbolo della sua poetica, riassume il suo modo di vedere la vita, gli avvenimenti, la musica, la politica. Per Gaber essere libero è vivere nella società, non restare in solitudine, perché in realtà non ci si può sentire liberi stando soli, è solo all’interno di una comunità e di una democrazia che si può provare una forma di libertà intesa come condizione non esclusivamente imputabile alla natura umana. 

Nel 1970, negli anni della iperpoliticizzazione, dell’impegno ideologico, Gaber scrive “Un’idea”. La canzone viene introdotta da un monologo ed elenca una serie di situazioni in cui in teoria l’idea che asseriamo di sostenere sembra semplice, poi all’atto di realizzarla tutto si complica. Asserisce che l’idea resta solo pura astrazione finché realmente non si ha la voglia e la forza di cambiare, di migliorare. “Se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione”. In questa breve ma esplicita citazione Gaber racchiude la difficoltà reale del singolo di poter assimilare del tutto le idee della collettività e, viceversa, la difficoltà per ogni individuo di vedersi capito dagli altri.

Sono svariati i temi affrontati dal Signor G, tra questi la politica. Dà spesso voce a questioni scomode, accusa di corruzione e bigottismo la classe politica italiana, ma lo fa senza alcuna paura. “Destra-Sinistra” è un brano apparentemente satirico, ma che in verità offre una chiara fotografia di quello che è lo stato politico del Paese nel 1994 ma probabilmente ancora oggi. Gaber ironizza sui luoghi comuni attribuibili all’allora dominante centrodestra e alla sua opposizione storica, il centrosinistra, insegna come i gesti e i tratti caratteristici di determinate fazioni politiche siano diventati luoghi comuni senza alcun significato, e a questo lui dice “Basta!”.

I componimenti di Gaber hanno fatto e fanno riflettere ancora oggi.  E non resta quindi che chiedersi se è il nostro Paese a non cambiare mai o se è lui ad essere un vero e grande genio!

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