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Bancarotta fraudolenta a Taranto, sequestro da 9,6 milioni di euro

Pubblicato da: redazione | Gio, 11 Agosto 2022 - 15:00
finanza taranto

Militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Taranto hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo di disponibilità finanziarie del valore complessivo di 9,6 milioni di euro, nei confronti di 3 soggetti indagati per l’ipotesi di reato di bancarotta fraudolenta aggravata.

Il provvedimento cautelare, emesso dal competente G.I.P. del Tribunale di Taranto su richiesta di adozione avanzata dalla locale Procura della Repubblica, rappresenta l’epilogo di una complessa attività investigativa svolta dalle Fiamme Gialle di Taranto tra il 2017 e il 2018 in merito al fallimento di una s.p.a. esercente l’attività di produzione e di commercializzazione di porte e infissi, con sede a Mottola (TA).

In particolare, l’indagine in argomento trae origine dalla denuncia presentata nel settembre 2017 da ex dipendenti della s.p.a., in qualità di creditori privilegiati, per il mancato rispetto degli obblighi assunti dalla stessa società nell’ambito del preesistente concordato preventivo.

Le successive attività investigative si sono poi sviluppate attraverso l’assunzione di sommarie informazioni testimoniali, l’acquisizione di documentazione e l’esecuzione di indagini tecniche.

Secondo l’ipotesi accusatoria, il fallimento della s.p.a sarebbe stato pilotato dagli indagati, al precipuo fine di svuotare di ogni asset la medesima società, attraverso mirate condotte distrattive e di proseguire l’attività di produzione e vendita di infissi a mezzo di altra s.r.l., dagli stessi controllata.

Tali condotte illecite sarebbero state compiute a vantaggio degli stessi indagati ovvero in favore di altra società, comunque a loro riconducibile, ma formalmente intestata a “prestanome”.

Nello specifico, all’esito delle indagini, coordinate in ogni loro fase dalla Procura della Repubblica di Taranto, sarebbe emerso che la s.p.a. fallita, per il tramite dei legali rappresentanti pro tempore succedutisi alla sua guida dal 2012 sino alla data del fallimento, avrebbero rinunciato ad esigere crediti vantati nei confronti di una società controllata per un valore complessivo di oltre 8.750.000 euro.

Tra le altre ipotesi distrattive rilevate vi sarebbero compensi pari a circa 600.000 euro concessi dalla fallita ai propri amministratori, pur in presenza di forti perdite d’esercizio, ovvero il diretto prelievo da parte degli indagati di somme pari a circa 250.000 euro, direttamente dalle casse della società senza alcuna giustificazione.

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