Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Per un’ora d’amore”- Matia Bazar
C’è una delicatezza malinconica che attraversa “Per un’ora d’amore” dei Matia Bazar.
Pubblicata nel 1975, è una delle perle assolute della musica italiana d’autore, un brano che, pur nella sua apparente semplicità, custodisce un senso profondo, quasi vertiginoso, del desiderio umano più intimo: concedersi, anche solo per poco, all’amore.
Il sound non è scontato: un pop coinvolgente, raffinato, una ritmica lieve ma pulsante, dove ogni nota è al servizio della voce iconica di Antonella Ruggiero. Una voce che non canta, ma implora sottovoce, sospira, accarezza ogni parola.
Il testo è quasi una confessione privata. Pochi accordi, pochi strumenti, eppure un’enorme profondità emotiva. È una canzone che non urla: ti guarda negli occhi e ti chiede sottovoce quanto sei disposto a dare.
Non c’è retorica, non c’è dichiarazione epica, solo un’intimità cruda, reale. Nessuna promessa, solo desiderio. “Per un’ora d’amore / venderei anche il cuore /e tutto il mio passato / anche il mio nome”.
Ed è qui che nasce la riflessione.
Cosa saremmo disposti a dare oggi per un’ora d’amore?
In un’epoca in cui il tempo è diventato la valuta più preziosa, in cui l’amore è spesso relegato a notifiche, swipe e rapporti intermittenti, l’idea di “dare tutto” per un solo momento d’intimità reale, senza filtri, appare quasi rivoluzionaria.
In un tempo che non si vive più a pieno, ma quasi si contratta, saremmo capaci oggi, come allora, di scegliere il sentimento sopra la praticità, sopra l’agenda, sopra il controllo?
In un certo qual modo, “Per un’ora d’amore” ci ricorda che esiste ancora un modo di sentire che non ha bisogno di durare per essere vero, e che certe emozioni valgono anche solo per il tempo in cui esistono.
Non sono utili. Sono vive.
E forse, in un mondo dove tutto deve avere uno scopo, lasciarsi andare solo per sentire, anche per un’ora, è già una bellissima forma di resistenza.