Le ultime quotazioni del grano duro alla Borsa Merci di Bari e di Foggia hanno acceso un nuovo allarme tra i cerealicoltori pugliesi. Secondo CIA Agricoltori Italiani, il prezzo sotto i 300 euro alla tonnellata non copre nemmeno i costi di produzione, mettendo a rischio la filiera nazionale del grano-pasta.
“Molini e pastifici pensano di fare i loro interessi spingendo le importazioni, ma così la cerealicoltura italiana rischia di scomparire”, afferma Gennaro Sicolo, vicepresidente nazionale e presidente regionale di CIA Agricoltori Italiani. “Quando questo succederà, anche il grano importato, spesso trattato con sostanze vietate in Italia, decreterà la fine della filiera”.
Il presidente provinciale di CIA Capitanata, Angelo Miano, evidenzia il paradosso: “I produttori lavorano per un prodotto d’eccellenza, ma ricevono un prezzo che non copre i costi, mentre pane e pasta sul mercato continuano a costare di più, con profitti record per mulini e pastifici”. Secondo l’organizzazione agricola, uno strumento da valutare potrebbe essere l’imposizione di dazi sul grano importato dai Paesi extraeuropei, dove vengono utilizzati prodotti chimici ormai vietati in Europa.
Negli ultimi anni, CIA Agricoltori Italiani ha portato avanti campagne per valorizzare il grano nazionale: quasi 100mila firme raccolte, mobilitazioni in 45 comuni pugliesi e manifestazioni a Bari, Foggia e Roma. La produzione italiana, precisa Sicolo, rispetta la maturazione naturale del grano e non utilizza sostanze tossiche, garantendo qualità e sicurezza alimentare.
Il problema riguarda anche il costo crescente della produzione, stimato tra i 1.200 e i 1.300 euro per ettaro, e gli effetti dei cambiamenti climatici, che aumentano ulteriormente le difficoltà. La riforma PAC e la concorrenza internazionale sleale rischiano di penalizzare ulteriormente la cerealicoltura nazionale, compromettendo la sovranità alimentare italiana e la filiera grano-pane-pasta.