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Blackbox, Futura memoria – Recensione

Pubblicato da: Francesca Romana Torre | Mer, 22 Marzo 2023 - 10:22
Blackbox

Una madre e un figlio, i giovani e gli anziani, il corpo e la macchina: Blackbox di Giuseppe Grossi, Mario Monno e Gaetano Longo è una miniserie a fumetti che parla di opposti. Il primo volume, Futura memoria, assolve al compito di presentarci ambiente e personaggi e di ritrarre sommariamente la società distopica in cui si svolge la storia.

Sin dalle prime pagine si colgono gli elementi chiave del racconto: la guerra, l’alienazione dell’uomo nella società e la deriva meccanicistica di quest’ultima; gli uomini sono diventati parti di un ingranaggio, lasciati vivere in quanto utili al meccanismo, il senso di umanità – costretto in rigidi lacci – sta scomparendo sempre più velocemente.

Gli affetti e i legami sono messi al bando, come nella vita di Isaac – il protagonista – e di sua madre Judith. Che è successo alla razza umana, in nome di cosa sono stati sacrificati amore, amicizia e libertà? Cos’è e cosa rappresenta il Blackbox?

Piccole tracce di disumanità

Attraverso la scrittura di Blackbox, Grossi ci conduce in un passato alternativo ambientato nella città di Ecrònia, caratterizzata dagli elementi tipici dello stile steampunk, quel sottogenere fantascientifico che unisce atmosfere inglesi tardo ottocentesche a elementi futuristici come in una proiezione immaginifica e inquietante della prima rivoluzione industriale. La forza del racconto non sta tanto nella trama – che nel primo volume non è definita ancora in maniera chiara – ma nei dettagli che ci consegnano tracce minime ma profonde della disumanità che ha ormai pervaso l’ambiente e i personaggi.

Dal piccolo Isaac che si domanda se è giusto soffrire per la mancanza del padre, alla figlia di Goodwin che denuncia senza alcun rimorso il proprio genitore, da Virginia che bacia Cobb per assaporarne la paura prima della battaglia, alla gravidanza interrotta della maestra Vivian Green: Grossi compone un mosaico di atrocità in cui l’Uomo che consegna totalmente la propria coscienza alla società va incontro alla perdita graduale del valore innato della solidarietà. I più sensibili verso questo cambiamento sono proprio i giovani e i bambini che – come recita l’epilogo – si apprestano a scontrarsi con la vecchia generazione per stabilire quale delle due controllerà Ecrònia negli anni a seguire.

Custode dei valori della vecchia generazione, l’anziana Judith – abile artigiana e costruttrice di Ibromi, creature a metà tra uomini e macchine – è una partigiana dei legami familiari. Quasi cieca, non si arrende all’indifferenza che la società e – soprattutto –  suo figlio le impongono. Nell’ultima scena, anzi, sembra quasi che abbia trasmesso il suo profondo senso di umanità nel prototipo di Ibroma, Lafh: forse che, eliminata l’ormai corrotta progenie naturale, la vecchia generazione possa rifondare l’umanità attraverso le macchine?

Le tavole

Frutto del lavoro di tre artisti, Grossi per il soggetto, Monno alle matite e alle chine e Longo ai colori, Blackbox è un fumetto denso di citazioni, indice di un certo gusto cinematografico degli autori. I personaggi, come accade spesso, hanno fattezze ispirate ad attori: Isaac ricorda il Christian Bale di Il fuoco della vendetta, Richard è dichiaratamente ispirato a Russel Crowe e Tibbs ha i tratti di Ryan Gosling. Le atmosfere grigie e polverose esplorano in ogni scena una differente scala cromatica mostrando le più disparate varianti dei bruni e dei grigi adatte a rendere, a seconda del momento della narrazione, il senso del ricordo o del pericolo. Ai personaggi è dedicata una grande cura nei campi stretti con cui Monno organizza la pagine, per diventare sempre più accennati man mano che l’inquadratura si allontana, sfumati dall’atmosfera cupa di Ecrònia.

Blackbox è un valido prodotto della casa editrice barese Hyppostyle, consigliato ai lettori più attenti che hanno voglia di dedicarsi a una lettura interessante e complessa. Sarà, probabilmente, necessario tornare sulle tavole più di una volta per essere sicuri di non essersi persi nulla, tale è la densità del racconto, ma non è questo, forse, uno degli aspetti più stimolanti della lettura di un fumetto?

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