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Il fotografo giramondo che ha scelto Bari, Notaristefano: “Lavoro all’estero ma voglio vivere nella mia città”

Pubblicato da: Daniele Leuzzi | Dom, 18 Giugno 2017 - 07:00

Credere alle potenzialità culturali del proprio territorio dopo aver lavorato con successo all’estero. Contro i luoghi comuni e le difficoltà croniche insite alla società del sud Italia. E’ la scelta di vita che ci racconta Daniele Notaristefano, 29 anni, fotografo, artista e docente nato a Bari. Vincitore nel 2015 dell’International Photography Award di New York con il libro “Paranoid”, specializzato negli scatti istantanei in movimento, visiting professor per la Columbia University nella disciplina “Filosofia dell’immagine”, reporter di eventi cinematografici del Bif&st e Salento Finibus Terrae, fotografo Sony per il cantautore Giò Sada, presidente dell’Associazione Ludica Apulia.

Perché ha scelto di tornare a Bari?

“Non potrei vivere lontano dal mare. E’ importante tornare anche per scongiurare gli effetti della fuga dei cervelli. Qui qualcuno deve rimanere, ho trovato il mio metodo per lavorare: giro il mondo e faccio base a Bari. Amo la gente di questo posto e non voglio vederlo morire culturalmente”.

Quindi ha scelto di resistere?

“Preferisco il termine resilienza, bisogna adattarsi con positività ai problemi della città. Per sfatare il luogo comune sulla mancanza di possibilità per il futuro. C’è una parte di verità, ma bisogna provare a dare il proprio contributo. Non abbiamo più pazienza, nell’immaginario collettivo l’italiano di successo deve andare all’estero”.

A quali luoghi è più legato?

“La mia idea è legata al pensiero di Ansel Adams (fotografo paesaggista) in cui i luoghi sono in realtà le persone. Non ho preferenze, scelgo il mare come simbolo della città”.

Come immagina Bari tra 5 anni?

“Percepisco una crescita culturale importante, tra nuove e vecchie realtà, anche grazie al supporto della politica locale. Vorrei far diventare Bari il centro del mondo per la fotografia: abbiamo già la prima mondiale di World Press Photo ma non basta. Lancio l’idea di realizzare un “museo fake” in cui sono affiancate opere originali a quelle finte che gli spettatori dovranno riconoscere”.

Si occupa anche di altro?

“Si, sono il presidente di un’associazione non profit (Ludica Apulia) legata ai gioco di ruolo, con 140 iscritti. Ogni tanto bisogna prendersi un po’ in giro e cercare di vivere la cultura in maniera alternativa”.

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