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Lezzi, quando lo sport ti redime: “La mia vita di errori e ripartenze, grazie al pugilato oggi respiro la libertà”

Pubblicato da: Antonino Palumbo | Dom, 29 Aprile 2018 - 11:00

Quando lo sport ti cambia la vita. E ti apre orizzonti inesplorati, ti fa respirare un’aria che prima non conoscevi. Un pomeriggio di fine aprile, una terrazza e la certezza che aver detto basta alle bravate per amore del pugilato è stata la scelta giusta. Francesco Lezzi, classe 1989, pratica boxe dal 2006. Vive nel quartiere Carrassi da pochi mesi, assieme alla sua fidanzata storica, ma resta innamorato del Libertà, il quartiere dove è cresciuto, ha sbagliato, si è redento.

Occhi celesti e profondi, sguardo fiero in un fisico scolpito dalla passione e dal sacrificio, in passato ha avuto qualche guaio con la giustizia, prima di cambiare vita e dedicarsi esclusivamente alla boxe: dal 2012 è un professionista. Tre anni dopo si è laureato campione mondiale giovani Ibf, nello stesso anno ha combattuto il titolo del Mediterraneo, perdendo a Bari con il tunisino Soufiene Ouerghi. Ha combattuto per due titoli italiani Superwelter nel 2017, prima con Felice Moncelli e poi con Vincenzo Bevilacqua, entrambi decisi da verdetti contestati a sfavore di Lezzi.

Il 19 maggio a Paola (Malta) affronterà il re-match con il maltese Steve Martin, che aveva “apparentemente” battuto per ko tecnico a febbraio, prima che arbitro e giudice cambiassero il verdetto (e Lezzi ha denunciato un aggressione ai due, da parte di spettatori locali). E’ la “battaglia” numero 23 da professionista per Lezzi. Un ragazzo cui lo sport ha cambiato la vita. E che oggi può permettersi di consigliare ai ragazzini di fare qualche bravata in meno e usare di più la testa.

La chiamano “Il gladiatore del Libertà”. Quartiere difficile, anche per un gladiatore?

Io al Libertà sono stato bene. Si parla troppo di Libertà in maniera negativa, ma i reati non vengono commessi solo al Libertà. Anche altrove ci sono situazioni di disagio e di rischio. Purtroppo al Libertà ogni avvenimento viene enfatizzato, da ogni realtà sociale.

Però, insomma, è innegabile che dove è cresciuto lei tentazioni per un ragazzo ce ne siano tante…

Sono cresciuto al Libertà, i miei hanno un negozio di frutta e verdura da oltre 25 anni, siamo radicati nel quartiere. E posso affermare una cosa: gli errori che facciamo non dipendono dal quartiere o dalle amicizie. Ognuno di noi è padrone della propria vita.

Lei cosa ne ha fatto?

In passato ho avuto problemi con la giustizia per vari reati contro il patrimonio, ma ho pagato per i miei errori. Grazie alla boxe mi sono riscattato, sono un professionista da sei anni, ne sono passati quasi dieci dall’ultimo mio guaio con la legge e ora la gente guarda a me solo come a un pugile.

Cosa l’ha fatta redimere?

L’amore per il pugilato. Boxare è la cosa più bella del mondo.

Dopo la sconfitta con Soufiene Ouerghi, al Palamartino, nel duello per il titolo del Mediterraneo, però è stata dura…

Una batosta incredibile. In molti, dopo serate così, lasciano il pugilato. Era solo l’orgoglio a farmi rimanere in piedi.

Spesso il verdetto è diverso da quello che ci si aspetta, nel ring come fuori dal ring: cos’è l’ingiustizia?

E’ un qualcosa che ti spezza le braccia perché hai lottato tanto, sudato tanto, senti che vinci e poi ti ritrovi battuto. E nel pugilato è uno dei motivi per cui tanti ragazzini mollano.

A proposito di ragazzini: ha detto che gli errori dipendono da noi stessi, non dal quartiere o dalle amicizie. Ma cosa succede se una persona è debole, fragile e più facilmente influenzabile?

Nella vita è fondamentale la testa. Se mentalmente sei solido, non esiste tentazione, né vizio-dipendenza. E’ un po’ come sul ring: la testa è fondamentale.

Quali valori le ha insegnato la boxe?

A me piace l’idea di aver fatto della mia passione un lavoro. Del resto, si dice che i pugili soffrono in allenamento e si divertono negli incontri. Fra i valori più importanti ci sono il sacrificio, la sicurezza e il rispetto. Il sacrificio nell’allenamento, nel mantenere il peso, nel non uscire, nell’andare a letto presto. La sicurezza che ti permette di affrontare meglio la vita, di prenderla di petto. Non hai paura di nessuno, ma sempre nel rispetto: un vero pugile non si mette a menare le mani per strada, altrimenti rischia di uccidere.

Da un lato la strada, dall’altro la boxe…

Ho conosciuto e vissuto entrambe. E la seconda non è certo più facile, ma è più giusta. Per me nessun bene materiale può essere equiparabile alla possibilità di alzarti la mattina e andare dove vuoi. La libertà non ha prezzo. Non posso dire ai ragazzi “Non fate cazzate”, ma di certo suggerisco di farne qualcuna in meno, per essere più liberi. Io oggi posso camminare con la testa alta.

Ed essere indipendente…

Si, perché grazie al pugilato lavoro in palestra. Sono istruttore di aerobica – fitness e crossfit. E da qualche mese vivo da solo, con la mia ragazza.

Libertà, opportunità, dignità: non male come ricompensa per la sua scelta di vita…

Si. Ma io non rinnego nulla di quello che ho fatto. Tutti i miei errori, le mie cadute, le mie ripartenze mi hanno portato a essere l’uomo che sono oggi. Un uomo che sta dalla parte del rispetto e della giustizia e che, per strada, non cerca di scansare né il malandrino, né il poliziotto. Saluto tutti, seguo i miei valori e guardo a me stesso. Ho amici che mi scrivono dal carcere. Dicono che ho fatto bene a seguire questa strada. Mi ammirano molto.

Oggi qual è il suo sogno nel cassetto?

Aprire una palestra, possibilmente nel quartiere Libertà, dove garantire la possibilità di allenarsi ai ragazzi disagiati o che non hanno la possibilità di pagare.

Pronto per il re-match di Malta?

Per me combattere all’estero vuol dire portare con orgoglio i colori dell’Italia e di Bari in giro per l’Europa: non vedo l’ora di essere su quel ring.

(Foto apertura: Renata Romagnoli)

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